Cocktail Martini, un drink concettuale

9 min

Nel 2018 avevo scritto un articolo sul Cocktail Martini, ma ho deciso di rifarlo e di andare ad approfondire maggiormente.

Mi sono reso conto che avevo scritto l’articolo tralasciando alcuni aspetti che secondo me sono fondamentali per capire a pieno questo drink.

Non ti preoccupare, questa volta ho scritto tutto quello che c’è da sapere per farsi un’idea approfondita. Se preferisci c’è il video in alto, ma ti consiglio comunque di leggere anche la parte scritta.

Più di ogni altro drink, il Cocktail Martini non ha una ricetta definita, ma è equilibrio assolutamente personale tra Gin e Vermouth. È quello che io e Gianni Zottola definiamo un cocktail concettuale, così come lo è il Mai Tai.

Proviamo ad approfondire un po’ che cosa vuol dire drink concettuale e che cosa c’entri il Mai Tai.

Perché il Cocktail Martini è un drink concettuale?

Quando oggi un cliente chiede al bartender un Cocktail Martini, riceverà un drink a base Gin (generalmente London Dry) e Vermouth Dry, ma non è sempre stato così.

Che cosa c’è di concettuale in questo? Come qualunque altra ricetta è composta da ingredienti che vanno bilanciati tra di loro.

Tuttavia il problema è proprio questo: il Cocktail Martini (attuale) non è un drink che ha un bilanciamento vero e proprio. È un drink del quale ne esistono infinite bilanciamenti e versioni, tanti quanti sono i clienti che bevono regolarmente questo drink.

Il motivo più profondo secondo me è quello tecnico: non esiste un range di bilanciamento. Con range di bilanciamento intendo delle quantità attorno alle quali il drink è bilanciato. Nel caso di un cocktail sour possiamo dire che il drink è bilanciato se usiamo tra i 10 e i 20 ml di sciroppo di zucchero. Difficilmente qualcuno chiederà un sour con 30 ml di sciroppo di zucchero o, addirittura, senza zucchero. In un caso sarebbe troppo dolce, nell’altro caso troppo acido.

Possiamo quindi affermare che nei sour esiste un range di bilanciamento: ognuno può avere delle preferenze, ma esistono dei parametri oggettivi entro i quali il drink è bilanciato.

Con il Martini non è così, o almeno non lo è nella versione attuale. Il Martini non ha un range di bilanciamento e, per questo motivo, può essere preparato in qualunque proporzione.

Ti chiedo per ora di fare uno sforzo, dimenticati per ora che cosa sono Martini In&Out, Perfect Martini, Sweet Martini, Montgomery Martini e via discorrendo.

Dimenticati anche di tutte le richieste dei clienti. Facciamo un salto indietro nel tempo, in particolare nel 1800, periodo nel quale il Cocktail Martini era profondamente diverso dal drink che è oggi.

Ti faccio un paio di esempi.

Qua sotto puoi vedere uno screenshot tratto dal manuale di Harry Johnson del 1888. Come puoi vedere il Martini Cocktail era composto da gum syrup, Boker’s bitters, curacao (liquore di arancia), Old Tom gin e vermouth. Anche le quantità erano ben diverse da quelle odierne: gin e vermouth erano in parti uguali.

la ricetta del Martini cocktail nel libro di Harry Johnson, 1888
la ricetta del Martini cocktail nel libro di Harry Johnson, 1888

Qua sotto invece uno screenshot tratto dal manuale di Jerry Thomas, edizione del 1889. Come potete vedere il Martinez è concettualmente lo stesso drink (non la stessa ricetta) del Martini di Johnson.

La ricetta del Martinez cocktail nel libro di Jerry Thomas

Il Martini è poi cambiato nel tempo. Senza lanciarci in disamine storiche/culturali approfondite (magari un giorno farò una diretta con Lucio Tucci sull’evoluzione del Martini) possiamo affermare che questo drink sia cambiato perché evidentemente i consumatori, per un motivo o per l’altro, lo hanno iniziato a chiedere preparato in maniera diversa (cosa che è comune a tutti i drink).

Ha perso il bitters, il gum syrup, il curacao e il maraschino. Gin e Vermouth però sono rimasti.

Se facciamo un salto negli anni ’30 del ‘900, vediamo che già il Martini era cambiato e ne esistevano (almeno) 3 versioni. Qua sotto degli screenshot dal Savoy Cocktail Book dove potete vedere il Martini Cocktail nelle sue 3 versioni: Dry, Sweet e Medium (o Perfect).

La ricetta del Cocktail Martini (Dry Martini) nel Savoy Cocktail Book di Craddock, 1930
La ricetta del Cocktail Martini (Medium o perfet Martini) nel Savoy Cocktail Book di Craddock, 1930
La ricetta del Cocktail Martini (Sweet Martini) nel Savoy Cocktail Book di Craddock, 1930

Non ti saprei dire per quale motivo ma il Cocktail Martini nella versione dry è quello che poi verrà identificato come Cocktail Martini: oggi, se chiedi un Cocktail Martini, ti arriva un Dry Martini.

Di Dry Martini ne nascono anche varianti più o meno secche (di cui parleremo dopo). Pensa per esempio al Martini In&Out, al Montgomery Martini al Martini Half&Half o al Reverse Martini (questi ultimi due non so neanche se si chiamino così, ma sono un Martini in parti uguali e uno con più vermouth che gin).

Arrivati a questo punto, possiamo quindi affermare che il Martini è un modo di bere gin e vermouth e che non esiste un range di bilanciamento.

Come Gianni spiega nel suo articolo sui rum del Mai Tai (clicca qui per leggerlo), la stessa cosa vale per il famoso drink di Trader Vic. Il Mai Tai è un drink concettuale perché è un modo di bere rum, non una semplice ricetta. E lo stesso Trader Vic ce lo dimostra quando inventa il Mai Tai Old Fashioned.

Ma non è finita qui, non basta questo per definire un drink concettuale.

Nelle nostre chiacchierate interminabili a colpi di messaggi audio su whatsapp (Chiara si arrabbia sempre perché i suoi audio se son lunghi non li ascolto, mentre quelli di Gianni si), abbiamo sviscerato un altro tema molto importante legato ai drink concettuali.

Un drink concettuale, oltre essere un modo di bere, è anche uno stato d’animo, un modo di sentirsi. Gianni mi ha infatti ricordato che il Mai Tai per il americani era il drink delle vacanze, il drink che rappresentava la spensieratezza. Il Mai Tai veniva (e forse viene ancora) bevuto quando ci si sentiva o ci si voleva sentire in questo preciso stato d’animo.

La stessa cosa secondo noi vale per il Cocktail Martini.

Non ti saprei definire quale sia questo stato d’animo, probabilmente varia da persona a persona e per questo lo possiamo chiamare lo stato d’animo del Cocktail Martini. Però se ci penso è così anche per me: bevo molto di rado il Cocktail Martini, ma quando lo bevo è perché mi sento di berlo.

Non è come l’Americano, lo Spritz o il Mojito che sono bevute più spontanee, emotivamente facili oserei dire. La stessa cosa vale per Gianni, che ha anche trovato le parole per aiutarmi ad esprimere meglio questo concetto.

Che cos’è oggi il Cocktail Martini?

Oggi, quando si parla di Cocktail Martini, ci si riferisce al Dry Martini, unione di Gin (solitamente London Dry) e Vermouth Dry.

Vi darò qua sotto una ricetta generica che secondo me può essere un buon approccio a questo drink.

Andiamo quindi a vedere come si prepara il Cocktail Martini.

La ricetta del Cocktail Martini oggi

  • 50 ml London Dry Gin
  • 10 ml Vermouth Dry
  • Olive verdi o Twist di Limone

Che cosa ti serve per fare il Cocktail Martini

  • Coppetta da 110 ml
  • Mixin’ glass
  • Jigger
  • Bar Spoon
  • Strainer
  • Stecchino di legno o acciaio (opzionale)

Come si fa il Cocktail Martini

Per fare un buon Cocktail Martini gli ingredienti e la strumentazione devono essere ben freddi (ti consiglio di tenere il Gin in congelatore e il vermouth in frigo).

raffreddare mixin glass
Un mixin’ glass gelido

Come prima cosa quindi metti il Mixin’ glass in congelatore oppure raffreddalo bene con ghiaccio. La stessa cosa vale per la coppetta.

Raffreddato il mixin’ glass versa gli ingredienti, aggiungi ghiaccio e miscela (stir) fino a raggiungere la diluizione desiderata (assaggia!).

Filtra (se vuoi in double strain) nella coppetta ben fredda.

Puoi decorare con olive oppure, se preferisci, puoi fare un leggero twist di limone sulla superficie. Presta molta attenzione al twist di limone: deve essere molto leggero, troppi olii essenziali sulla superficie del drink sono fastidiosi e coprenti.

Come trovare il tuo bilanciamento

Non esiste il Dry Martini perfetto, esiste il Dry Martini che piace.

Come ho affermato all’inizio, il Dry Martini non è un cocktail con un equilibrio definito, ma è bilanciamento personale tra Gin e Vermouth Dry.

Questo equilibrio personale non riguarda solamente le proporzioni tra ingredienti, ma anche la loro scelta.

Innanzitutto il mio consiglio è di utilizzare un classico London Dry Gin: chi ama questo drink apprezzerà la tua scelta. I Gin troppo profumati, particolari o ‘ruffiani’ sono da evitare, a meno che un cliente non vi chieda espressamente un determinato gin o tu preferisca un drink meno asciutto.

Anche sul vermouth c’è l’imbarazzo della scelta. Carpano Dry, Martini Dry, Cinzano 1757 Dry tra gli italiani, Dolin Dry e Noilly Prat Dry tra i francesi. Tra questi il Noilly Prat Dry ha una particolare e gradevole nota ossidata.

E per quanto riguarda le proporzioni?

50 ml di gin e 10 ml di vermouth dry sono un buon punto di partenza. Con questa proporzione il drink non è troppo secco, ma neanche morbido. È un buon compromesso.

Tuttavia non piacerà a tutti. 

Se cerchi un Martini più asciutto, diminuisci la quantità di vermouth senza modificare la quantità di gin. Pensa che molti americani bevono Dry Martini senza vermouth, praticamente un gin freddo (spesso da congelatore). Se non vuoi essere così estremo dosa il vermouth dry con un contagocce.

Se invece preferisci un Martini più morbido e abboccato, diminuisci la quantità di gin e aumenta quella di vermouth, oppure usa un gin meno secco.

Infine un piccolo segreto: aggiungendo al drink 4-5 gocce di sciroppo di zucchero, il drink ha un aroma molto più presente, ma non sarà dolce. La stessa cosa vale se volete aggiungere una goccia di bitters. Provate per credere.

Le varianti del Dry Martini

Proprio per il fatto che il Cocktail Martini è un concetto, ne esistono tantissime varianti.

Addirittura si potrebbe argomentare che Cocktail Martini indichi una miscela generica di gin e vermouth e che ogni sua versione abbia un nome specifico: Dry, Sweet, Medium o Perfect ecc).

Tra i Dry Martini più secchi, quindi con poco vermouth, il più famoso è il Martini in and out, dove il vermouth serve a sporcare il ghiaccio prima di essere scolato. Personalmente, quando lo devo preparare, non butto via il vermouth, ma ne metto molto meno, indicativamente mezzo bar spoon.

Vero è che il Martini In&Out è più un rituale che chi lo ordina vuole vedere, ma non mi sembra il caso di sprecare prodotti, soprattutto in questo periodo storico dove c’è una grande attenzione alla sostenibilità.

Un’altra variante estremamente secca è il Montgomery Martini, preparato in una proporzione 15:1, quindi 15 parti di Gin, 1 parte di vermouth. Tradotto vuol dire 60 ml di Gin e 4 ml di Vermouth (circa 1 bar spoon).

il montgomery martini era la versione preferita da hemingway ed era composta da 15 parti di gin e una di vermouth
New York Magazine, 1987

Secondo quanto appare in un articolo del New York Magazine datata 1987, sembra che questo fosse l’equilibrio preferito da Hemingway, che era solito ordinarlo all’Harry’s Bar di Venezia. Sembra che il drink fu chiamato così perché Bernard Law Montgomery, Maresciallo di Campo dell’esercito Inglese, fosse disposto ad andare in battaglia solo se in superiorità numerica, 15:1, come il gin sul vermut.

Utilizzando la Vodka al posto del Gin il drink prende il nome di Vodka Martini o Vodkatini. Un Vodkatini è meno aromatico perché la vodka è un distillato dall’aroma quasi neutro. È anche meno secco del Dry Martini. In questo drink il vermouth diventa protagonista. 50-60 ml di vodka e 10 ml di vermouth sono un buon punto di partenza.

Dello Sweet Martini e del Medium (o Perfect) Martini abbiamo già parlato. Per fare uno Sweet Martini potresti utilizzare 50 ml di Gin e 15 ml di vermouth dolce, mentre per fare un Perfect Martini potresti usare 50 ml di Gin, 10 di vermouth dolce, 10 di vermouth dry.

Un’altra variante famosa, bevuta anche nella serie Tv La regina degli Scacchi è il Gibson Martini che si prepara decorando il drink con una cipollina lattofermentata. Clicca qui per vedere la mia lezione sul Gibson.

Molto famoso è anche il Dirty Martini, miscela di vodka e salamoia d’olive. Io tuttavia preferisco prepararlo con gin e ho fatto una masterclass su come twistare il Dirty Martini usando degli Shrub. Clicca qui per vederla.

Come piace a me il Cocktail Martini

A me piace alla vecchia maniera, bilanciato con un po’ di zucchero e bitters.

  • 40 ml London Dry Gin
  • 20 ml Noilly Prat
  • 1/2 Gocce di Angostura Orange Bitters
  • 2/3 ml Sciroppo di Zucchero

Provaci e fammi sapere che ne pensi!

Sul Martini Cocktail è tutto e se sei arrivato a leggere fino a qui sei veramente un eroe o un super secchione.

Su questo drink si potrebbe dire molto di più, sono sicuro che se andassi ad approfondire la ricerca storiografica su vari ricettari troverei tante curiosità, però già così siamo in grado di tracciare una traiettoria storica sufficiente a capire l’evoluzione di questo drink.

Buona Miscelazione,
Giovanni

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Autore

  • Giovanni Ceccarelli

    Sono l'ideatore e coordinatore del blog e del progetto Cocktail Engineering. Per pagarmi gli studi universitari dal 2007 ho iniziato a lavorare come bartender in diversi locali tra Pesaro, Fano e la Riviera romagnola. Nel 2010 mi sono laureato in Ingegneria Energetica (ben presto ho capito che questa non era la mia strada). Dal 2011 sono docente in Drink Factory nei corsi di Miscelazione Avanzata e Preparazioni Home made. Dal 2013 al 2016 ho scritto di scienza e cocktail sulla rivista BarTales. Nel 2016 ho aperto questo blog e lavoro come consulente per Vargros per il quale seleziono spezie ed altri ingredienti.

Tecnica di preparazione

2 min

Tecnica di preparazione

Stir

Ingredienti
  • • 50 ml London Dry Gin
  • • 10 ml Vermouth Dry
  • • Olive Verdi e/o Twist di Limone
Strumenti
  • • Coppetta da 110 ml
  • • Mixin' glass
  • • Jigger
  • • Bar spoon
  • • Strainer
  • • Stecchino di legno o acciaio (opzionale)
  • • Paletta per il ghiaccio
Autore
Giovanni CeccarelliDivulgatore, docente, consulente
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