Che cos’è la Fermentazione Lattica

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fermentazione lattica

Nei primi due articoli generici sulle fermentazioni abbiamo parlato dei principi dietro questi processi metabolici e gli strumenti base necessari per produrre alimenti fermentati.

Come abbiamo visto, ci sono diversi tipi di fermentazione e in questo articolo approfondiremo le basi della fermentazione lattica.

Che cos’è la Fermentazione Lattica

La Fermentazione Lattica è un tipo di fermentazione a carico principalmente dei batteri lattici (LAB – Lactic Acid Bacteria).

È importante ricordare che il termine Lactic Acid Bacteria non ha uno status ufficiale in tassonomia e che in realtà è solo un termine generale di convenienza usato per descrivere un gruppo di batteri funzionalmente e geneticamente correlati, appartenenti a 12 generi diversi.

Durante la fermentazione i LAB producono principalmente Acido Lattico, che appunto da il nome alla fermentazione. L’acido lattico non è l’unico composto che viene prodotto durante la trasformazione degli alimenti, ma ci sono una serie di prodotti secondari che danno ai nostri ingredienti un sapore pungente e complesso, con un buon livello di acidità (dovuto appunto alla presenza dell’acido lattico).

I Batteri Lattici

In generale, abbiamo due tipi “metabolici” di batteri nelle fermentazioni lattiche:

  • Omofermentanti: producono quasi esclusivamente acido lattico; gli zuccheri presenti vengono trasformati al 90% in questo acido;
  • Eterofermentati: qui gli zuccheri vengono metabolizzati al 50% in acido lattico mentre la restante percentuale di prodotti di fermentazione è rappresentato da etanolo, acido acetico e CO2.

Spesso, all’inizio della fermentazione lattica, lavorano maggiormente i LAB eterofermentanti. Questo lo si capisce anche visivamente perché la fermentazione è tumultuosa, si libera molto gas. Quando invece sono maggiormente presenti gli omofermentanti la fermentazione è meno visibile.

I LAB, abbassando il pH e producendo dei particolari composti come le batteriocine, rendono sempre più inospitale l’ambiente per batteri e muffe indesiderati, e potenzialmente creano le condizioni ideali per la proliferazione di altri LAB, in un succedersi di specie diverse che rendono il nostro alimento via via più interessante ed unico.

Ad esempio, nelle verdure lattofermentate spesso proliferano nell’ordine:

Leuconostoc mesenteroides, organismo tollerante al sale, con una fase latente relativamente breve e un alto tasso di crescita a basse temperature (da 15°C a 18°C), contribuisce velocemente all’accumulo di acidi e all’abbassamento del pH. Oltre una certa soglia, questi cambiamenti risultano limitanti per la sua crescita (dopo i primi 4-6 giorni di fermentazione di solito non è più riscontrabile), ma ottimali perché inizi a proliferare Lactobacillus plantarum, un’altra specie di lattobatteri acidofili eterofermentati facoltativi (nel senso che hanno la capacità metabolica di fermentare zuccheri diversi attraverso percorsi omo o eterofermentativi e che predilige condizioni acide). Questi batteri contribuiscono a raddoppiare il contenuto di acidi e far abbassare ulteriormente il pH fino a 3,4-3,6 nel giro di 4-8 settimane.

Ricordatevi che acidità in bocca e pH non sono esattamente la stessa cosa, ne aveva parlato Giovanni in questo numero di Bartales, a pagina 92. Ovviamente, oltre agli acidi, la fermentazione produce una serie di altri composti che modificano l’aroma degli alimenti.

Come creare l’ambiente selettivo

Anche per la fermentazione lattica è possibile seguire due vie: quella dello starter, ovvero inoculando una buona quantità di lattobacilli oppure quella di creare delle condizioni vantaggiose (ambiente selettivo) affinché i LAB prendano il sopravvento sugli altri microrganismi presenti.

In questo articolo ci concentreremo sulle fermentazioni lattiche spontanee, ovvero senza uso di starter, in modo da approfondire l’uso di starter specifici in altri articoli.

Come sappiamo, per ottenere la fermentazione spontanea che desideriamo, è necessario creare un ambiente selettivo favorevole solo ai microrganismi voluti. Se vuoi ripassare questo concetto, rileggi l’articolo sulle basi della fermentazione qui.

I parametri ambientali che possiamo modificare maggiormente per creare ambienti selettivi sono:

  • Ossigeno: nocivo per la fermentazione lattica; è importante creare condizioni di anaerobiosi (assenza di ossigeno), anche semplicemente immergendo l’alimento in acqua.
  • Salinità: il cloruro di sodio (sale da cucina) usato in determinate percentuali, crea le condizioni ideali per alcuni LAB e inospitali per altri microrganismi indesiderati. Qui, nell’articolo sugli strumenti e ingredienti delle fermentazioni, parliamo più in dettaglio di sale. Per iniziare consiglio di non scendere sotto il 2,5% al fine di evitare la proliferazione di microrganismi indesiderati, poi man mano con l’esperienza sarà possibile scendere sotto questa soglia, mentre si può tranquillamente salire. La salatura può essere effettuata “a secco”, ovvero aggiungendo sale agli alimenti, che rilasceranno poi liquido a sufficienza per mantenere il tutto immerso, oppure immergendo gli ingredienti in una salamoia (acqua e sale alla concentrazione voluta).
  • Temperatura: anche questa crea condizioni favorevoli a determinati LAB piuttosto che altri. Ad esempio, come visto sopra, i batteri nelle verdure lattofermentate prediligono una temperatura più bassa, mentre i LAB utilizzati nella produzione di yogurt lavorano a temperature più alte, sopra i 40°C.
  • Zucchero: Solitamente è sufficiente lo zucchero già presente naturalmente negli alimenti da fermentare, ma se si vogliono ottenere risultati diversi si possono utilizzare zuccheri diversi, giocando sui diversi aromi nei differenti tipi. Leggi qui l’approfondimento di Giovanni sugli zuccheri.


Capire quali sono i batteri di cui abbiamo bisogno è l’inizio del proprio processo decisionale, che ci porterà a studiare queste specie e capire quali sono le condizioni ideali per prediligere la loro proliferazione.

Questo è possibile grazie alla grande risorsa bibliografica disponibile oggi. Un altro modo, molto più semplice, è quello di fermentare uno stesso alimento a temperature o livelli di salinità differenti e scoprire che preferiamo un risultato piuttosto che un altro: l’importante è scrivere sempre le condizioni di partenza e risultato ottenuto al fine di rendere il tutto il più replicabile possibile.

Infine, ricordatevi che spesso temperatura e salinità possono condizionarsi a vicenda: per esempio se in estate la temperatura è alta, le fermentazioni rischiano di essere molto più veloci e incontrollate, quindi può essere una buona idea aumentare leggermente la salinità per controllare meglio la fermentazione e viceversa d’inverno.

L’aggiunta di sale è sicuramente un modo molto semplice ed efficace per fa partire la fermentazione lattica, tuttavia è possibile ottenere alimenti lattofermentati anche usando degli starter o ingredienti che hanno già naturalmente un buon contenuto di sale.

La Fermentazione Lattica in Miscelazione

Fondamentalmente, potete fermentare qualunque verdura o frutto, a partire dai famosissimi sauerkraut e i limoni lattofermentati (chiamati a volte “marocchini”) fino ad arrivare a fermentare ingredienti a cui non pensereste nell’immediato, come la menta. Questi fermentati possono rappresentare l’ingrediente finale nelle vostre preparazioni così come un punto di partenza per produrre uno sciroppo, uno shrub o un premix da poi utilizzare nei drink, in un concetto più ampio di Home Made, che ormai ci è tanto caro.

Ultimamente, in Drink Factory stiamo creando delle ricette molto particolari dove le fermentazioni hanno aggiunto un ulteriore tassello alle nostre creazioni: l’ingrediente fermentato rappresenta la base di uno sciroppo Home Made che sarà il dettaglio che rende unico un Twist on classic. Un percorso a volte lungo e che richiede tanto studio ma che può fare davvero la differenza.

Quando vedrete un vostro cliente spalancare gli occhi e dire: “Non so ancora se mi piace, ma sicuramente non avevo mai bevuto un drink con questo sapore prima”, vuol dire che avete fatto qualcosa di nuovo: io esco soddisfatto da un locale o quando ho bevuto qualcosa che conoscevo già, ma fatto con grandissima cura, o quando ho bevuto qualcosa di totalmente nuovo. Ultimamente, questa frase si sente spesso anche in Drink Factory, quando “slambicchiamo” a porte chiuse.

Buona fermentazione a tutti!
Flavio Fermentalista

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Autore

  • Giovanni Ceccarelli

    Sono l'ideatore e coordinatore del blog e del progetto Cocktail Engineering. Per pagarmi gli studi universitari dal 2007 ho iniziato a lavorare come bartender in diversi locali tra Pesaro, Fano e la Riviera romagnola. Nel 2010 mi sono laureato in Ingegneria Energetica (ben presto ho capito che questa non era la mia strada). Dal 2011 sono docente in Drink Factory nei corsi di Miscelazione Avanzata e Preparazioni Home made. Dal 2013 al 2016 ho scritto di scienza e cocktail sulla rivista BarTales. Nel 2016 ho aperto questo blog e lavoro come consulente per Vargros per il quale seleziono spezie ed altri ingredienti.

Autore
Giovanni CeccarelliDivulgatore, docente, consulente
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