Il throwing è una spettacolare tecnica di miscelazione che da qualche anno spopola dietro i banchi bar di tutto il mondo.
Il throwing è una tecnica di miscelazione che ha origini molto antiche: le popolazioni asiatiche la utilizzavano (e la utilizzano) per raffreddare il tè caldo. Se vi capiterà di viaggiare in oriente è abbastanza comune vedere questo tipo di operazione, soprattutto nei mercati tradizionali. Nei bar era probabilmente utilizzata per miscelare drink prima dell’avvento del ghiaccio e degli shaker. Oggigiorno i bartender di tutto il mondo hanno riscoperto il throwing, tuttavia è utilizzato per altri motivi, sui quali ragioneremo in questo articolo.
Innanzitutto vorrei spiegare come funziona questa tecnica. A parole non è molto semplice, ma cercherò di fare del mio meglio.
Prendiamo due mixin tin’ che chiameremo A e B, del ghiaccio, uno strainer (julep oppure hawthorne senza agganci) e il drink che vogliamo miscelare. Nel mixin tin’ A versiamo gli ingredienti del drink, il ghiaccio e blocchiamo il tutto con lo strainer. È importante che lo strainer non abbia agganci perché deve potersi inserire all’interno del tin. A questo punto, tenendo i due tin vicini e all’altezza della spalla destra, iniziamo a versare il drink dal tin A al tin B. Per i destrimani è conveniente tenere il tin con ghiaccio nella mano destra. Mano a mano che versiamo il drink, il tin B deve essere abbassato, creando un effetto ‘cascata’. Quando il drink sarà completamente all’interno del tin B, questo deve essere versato di nuovo nel tin A per poter ricominciare l’operazione dall’inizio. Il numero di passaggi da effettuare è a discrezione del bartender e del drink che si sta lavorando, tuttavia più di 5 passaggi non sono quasi mai necessari.
Perché questa tecnica é tornata di moda?
Ritengo che questa tecnica sia tornata di moda e sia diventata ‘virale’ perché estremamente scenica e spettacolare. Le motivazioni tecniche non sono particolarmente rilevanti, ma ci arriveremo tra poco. Personalmente non ci vedo nulla di male nell’utilizzare una tecnica esclusivamente per motivazioni estetiche, soprattutto se questo è fatto con consapevolezza e aumenta la popolarità o lo status del locale. Anche io la utilizzo perché ‘fa figo’, diciamoci la verità. Ciò che non trovo giusto è attribuire motivazioni pseudo-scientifiche per giustificarne a tutti i costi l’utilizzo.
Cerchiamo ora di capire le motivazioni tecniche.
Partiamo dal presupposto che in miscelazione, come in cucina, non esiste il giusto o lo sbagliato in assoluto. Shakerare un Cocktail Martini non è sbagliato a prescindere così come non lo è fare un Negroni in throwing: dipende dal risultato che si vuole ottenere. Domandarsi il perché di quello che si sta facendo fa la differenza tra un buon cocktail e un pessimo cocktail, soprattutto in questo momento storico. Non fraintendete queste parole, non tutto è ammissibile sempre e comunque: la ‘personalizzazione del risultato’ non deve mai essere usata per giustificare ignoranza o errori.
Il motivo tecnico principale per il quale si dovrebbe utilizzare questa tecnica è l’alterazione della consistenza o texture. Tuttavia non può essere paragonata alla shakerata: con il throwing non riuscirete mai a montare correttamente l’albume d’uovo, l’aquafaba o la panna. Riuscirete però a rendere un Bloody Mary meno piatto e più morbido al tatto perché il succo di pomodoro ha la capacità di formare delle piccole bollicine di aria.
Ovviamente c’è anche l’aspetto legato alla diluizione.
Nutro invece dei dubbi quando sento parlare di ‘amalgamare meglio gli ingredienti‘ e di ‘aprire i profumi di un drink‘.
Il primo motivo è abbastanza semplice: due prodotti alcolici, uno sciroppo e dei prodotti alcolici, un succo e dei prodotti alcolici, sono perfettamente miscibili anche se di densità diversa. Se non lo fossero, i distillati blended o i liquori si separerebbero, cosa che, ovviamente, non accade. Fatevi questa domanda: avete necessità di agitare il liquore al caffè prima di fare un Black russian? La risposta è no, nonostante questo sia l’unione di alcool infuso e sciroppo di zucchero. Allo stesso modo non c’è bisogno di shakerare un Old fashioned se lo fate con zucchero liquido. La densità non è il motivo per cui si sceglie di shakerare o di fare il throwing.
Per quanto riguarda il discorso del ‘aprire i profumi di un drink’ è una questione tutta da verificare. Poiché credo che nessun laboratorio di ricerca sarà mai interessato nell’analizzare se con la tecnica throwing c’è una maggiore evaporazione di composti aromatici, potete fare solo una valutazione gustativa e poi decidere. Per fare questo è però necessario eliminare ogni condizionamento esterno: dovete fare quello che i sommelier chiamano degustazioni alla cieca. Paragonate lo stesso drink fatto con diverse tecniche ma non dovete far vedere il colore del drink, non dovete far sapere quale tecnica è stata utilizzata. Dovete ripetere l’esperimento più volte, cambiando anche drink, sciacquare la bocca con acqua tra un assaggio e l’altro e possibilmente non dire a chi assaggia che cosa sta assaggiando o che cosa deve notare: tutto questo andrebbe a condizionare i risultati.
Concludendo, questa tecnica è sicuramente spettacolare e questo può essere un vantaggio nel giusto contesto. Dal punto di vista della consistenza da dei risultati apprezzabili in alcuni drink, in particolare sul Bloody Mary. Credo che questo sia il suo maggior vantaggio, se non vogliamo o possiamo shakerare un determinato drink. Per quanto riguarda il contributo al rilascio degli aromi, vi consiglio di fare delle prove con gli accorgimenti suggeriti e valutare caso per caso.
Buona miscelazione,
Giovanni
Se questo articolo ti è piaciuto e lo hai trovato utile potresti pensare di iscriverti alla mia area riservata COCKTAIL ENGINEERING PRO ed entrare a far parte della mia community. Iscrivendoti all’area riservata avrai accesso a tanti altri articoli come questo. Clicca qua per scoprire i vantaggi e iscriverti.
Abbiamo parlato di
Potrebbero interessarti anche