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”Non dimenticherò mai l’ansia per quel mio primo cocktail. Era un Manhattan e, oh, quanto attentamente lasciai cadere la ciliegia dentro al bicchiere! Suppongo che fosse andato tutto bene; nessuno si è lamentato con la direzione.” Dal giornale “The Niagara Falls Gazette” del 1926
Questo è solo un piccolo estratto di una delle numerose interviste rilasciate da Ada Coleman, storica bartender del Savoy Bar di Londra nelle prime decadi del XX secolo.
Un ricordo particolare, in cui “Coley” – come era affettuosamente chiamata – rievoca il suo primo incontro con le bevande miscelate, e in particolare con un “Manhattan Cocktail”.
L’importanza dell’arrivo del Vermouth
Il vermouth fu un prodotto rivoluzionario che fece la sua comparsa in America intorno agli anni ’40 dell’Ottocento, per poi, nel 1869, figurare in un “cocktail”, come attestato dal testo “Haney’s Steward & Barkeeper’s Manual”. Da qui nacquero nuove bevande miscelate (cocktail), come il Martini, il Bronx e il Manhattan.
Parlando nello specifico del “Manhattan Cocktail”, si tratta di un drink con una storia antica che risale con certezza agli anni ‘80 dell’Ottocento, periodo in cui apparve per la prima volta sulle testate giornalistiche dell’epoca e, in seguito, nei manuali di miscelazione.
Come accade per molti drink, anche il mix di whiskey, vermouth e bitter ha collezionato, nel tempo, numerose storie e leggende legate alla sua evoluzione.
Prima di approfondire queste storie, è importante ricordare che l’arrivo di nuovi prodotti nel continente americano ha portato a un’evoluzione nelle bevande miscelate, specialmente in quella categoria nota come “cocktail”. In origine, questo termine indicava una miscela composta da un alcolico di qualunque tipo, zucchero, acqua e bitter, come suggerisce la prima definizione del 1806.
“Cock-tail, then, in a stimulating liquor, composed of spirits of any kind, sugar, water and bitters — it is vulgarly called a bittered sling.” The Balance and Columbian Repository, 13 Maggio 1806
Timeline storica
1891
“L’origine del Vermouth e di alcuni Liquori” di Arnaldo Strucchi dalla rivista “Nuova rassegna di viticoltura ed enologia della Regia scuola di Conegliano”“Si conosce invece chi primo lo migliorò e fece conoscere ed apprezzare nelle altre parti d’Italia ed all’estero, il Cav. Giuseppe Cora (Vecchio venerando e venerato, di più che ottant’anni, il quale abita a Torino, dove è fatto segno alle dimostrazioni di stima, di affetto, di venerazione di quanti hanno la fortuna di avvicinarlo), il quale, attorno al 1830, cominciava a mandarne a Milano e a Genova, dove di lì a poco diventava bevanda assai ricercata, massime nella classe aristocratica e ricca, e, nel 1840, ne spediva nelle lontane Americhe, iniziando un commercio di esportazione, che diventava poco appresso assai importante per il nostro Piemonte.”
1869 – “Haney’s Steward & Barkeeper’s Manual” – J. Haney & Co.
118 – Vermuth Cocktail
“One wine glass of vermouth; one very small piece of ice; one small piece lemon peel. Serve in a thin stemmed wine glass with curved lip.”
1898 – “Cocktails : How to Make Them” by Livermore & Knight
“The original cocktails were all made from Gin, Whiskey or Brandy, and these are the spirits used in almost every well-known cocktail made to-day. The addition of Vermouth was the first move toward the blending of cocktails and was the initial feature that led to their popularity.”
7 Leggende o storie sul Manhattan Cocktail
Nel corso degli anni, sono state avanzate diverse ipotesi sull’evoluzione del “Manhattan”; storie e leggende che riporterò di seguito:
1 – Palo Alto Hotel
Il 13 dicembre 1908, sul quotidiano “Baltimore Sun” venne pubblicato un articolo dal titolo “The Secret History of the Cocktail”, in cui si racconta la genesi del primo Manhattan Cocktail, datata al 17 aprile 1846, alle ore 8:15 del mattino, presso il Palo Alto Hotel di Bladensburg, in Maryland.
La storia narra che, dopo un duello a colpi di pistola, il vincitore, alla vista del sangue dello sconfitto, fu colto da una forte sensazione di svenimento. John A. Hopkins, il vincitore, fu quindi condotto al Palo Alto Hotel per essere rianimato.
Jack Henderson, che era di guardia al bancone del bar, fu incaricato di preparare qualcosa di stimolante, dando così origine al primo Manhattan della storia.
La storia citata venne riportata su diverse testate giornalistiche, non solo nello stesso anno ma anche negli anni successivi, fino a quando, nel 1982, un certo professore di nome John Baer, esperto e appassionato delle opere di Henry Louis Mencken, scoprì che l’autore dell’articolo era proprio Mencken, smentendo così la veridicità della storia pubblicata nel 1908.
Non era la prima volta che Henry Louis Mencken pubblicava articoli inventati; celebre è anche la storia della vasca da bagno (“History of the Bathtub”) del 1917.
Nello stesso anno la notizia fu pubblicata in diverse testate giornalistiche come anche in date successive.
2 – Joe Walker
Il 3 Febbraio del 1899 fu pubblicato un curioso articolo sulla genesi del “Manhattan” sul “Daily Inter Mountain”
Questo articolo attribuisce la nascita del Manhattan cocktail a un episodio improvvisato del colonnello Joe Walker di New Orleans, che, durante una gita in yacht a New York, creò una miscela di whiskey e vermouth italiano per compensare la scarsità di altre opzioni.
Questo esperimento portò Walker, al ritorno a New Orleans, a perfezionare la ricetta, dando vita al Manhattan in onore dei suoi amici dell’isola.
Secondo Walker, solo il vermouth italiano garantisce il vero gusto del Manhattan; infatti, il vermouth francese, simile a un vino, rovina il sapore distinto del cocktail. Walker fa un paragone vivace: i due vermouth sono “diversi quanto latte e melassa,” e un Manhattan preparato con vermouth francese non è più un Manhattan “di quanto lo sia una omelette spagnola.
Il Colonnello Joseph A. Walker esistette realmente, e molte sono le informazioni reperibili su di lui in vecchi testi o articoli di giornale; tra questi è rilevante citare il libro “Biographical and Historical Memoirs of Louisiana” del 1892, che fornisce dettagli sulla vita del colonnello.
Nato a Montreal nel 1842, si trasferì giovanissimo a New York, per poi stabilirsi a New Orleans, dove lavorò per un periodo al St. Charles Hotel. Nel 1874 divenne proprietario di uno dei saloon più importanti della città, il “Crescent Billiard Hall”.
Considerati i suoi precedenti nel campo della ristorazione, è plausibile pensare che possa essere stato lui il creatore del “Manhattan Cocktail”.
Tuttavia, secondo alcune ricerche condotte da storici della materia, informazioni sul Manhattan Cocktail compaiono su testate giornalistiche di New Orleans solo a partire dal 1890, e non prima.
Inoltre, Stanley Clisby Arthur, giornalista e studioso della Louisiana, autore del libro “Famous New Orleans Drinks & How to Mix ’Em” del 1937 – una raccolta di bevande miscelate della vecchia New Orleans prima del proibizionismo – non menziona alcun Colonnello Joseph Walker in relazione al “Manhattan Cocktail”. Al contrario, il drink viene associato al ristorante Delmonico di New York intorno al 1890.
Quindi, per quanto Walker fosse un personaggio noto e ricordato nella comunità, sorgono delle domande: perché non associarlo subito al drink, aspettando invece fino al 1899, quando ormai il cocktail era ampiamente conosciuto? E perché Stanley Clisby Arthur, esperto di bevande miscelate, non lo cita?
La risposta che mi viene in mente è che, probabilmente, non sia stato lui il primo ideatore del Manhattan; ma questa, naturalmente, rimane una mia opinione personale.
3 – Manhattan Club e Jennie Jerome
Una delle “leggende” più frequentemente menzionate sulla genesi del Manhattan racconta che il cocktail sia nato durante un banchetto organizzato il 29 dicembre 1874 da Jennie Jerome, futura Lady Randolph Churchill e madre di Winston Churchill, presso il Manhattan Club di New York, in onore del neoeletto governatore di New York City, Samuel J. Tilden.
Tuttavia, questa storia risulta falsa, o almeno in parte.
Nel 1882, il cocktail in questione fa la sua prima apparizione in diversi giornali americani. Una combinazione di whiskey, vermouth e bitters che si presentava sotto diversi nomi: Manhattan Cocktail, Turf Club Cocktail e Jockey Club Cocktail.
1882 – “The Olean Democrat” 5 Settembre
“Talking about compounders of drinks reminds me of the fact that never before has the taste for “mixed drinks” been so great as at present, and new idear, and new combinations are constantly being brought forward.
It is but a short time ago that a mixture of whisky, vermouth and bitters came into vogue. It went under various names-Manhattan cocktail, Turf Club cocktail, and Jockey Club Cocktail.
Bartenders at first were sorely puzzled as to what was wanted when it was demanded. But now they are fully cognizant of its various aliases and no difficulty is encountered.”
1889 – “The Boston Globe” 10 Luglio
A distanza di sette anni e dopo numerose pubblicazioni su giornali e manuali da bar, il “Manhattan Cocktail” viene per la prima volta associato al “Manhattan Club”. Nel 1889, sul quotidiano “The Boston Globe”, un bartender di Boston dichiarò infatti che il drink fu concepito nelle sale del club di New York.
The Manhattan cocktail originated in the mind of the drink mixer at the Manhattan Club’s rooms in New York.
That drink was one that happened to strike the popular fancy in the right place. The result was that its fame spread around the world. If the inventor of the drink could have secured a patent upon his concoction, and exacted a royalty from all barkeepers using it, today he would be drawing a very liberal income.”
Negli anni successivi, il legame tra i due soggetti venne nuovamente riportato in diverse testate giornalistiche.
Tuttavia, per quanto possa essere verosimile l’origine del Manhattan presso il club, mancano purtroppo prove a sostegno di questa ipotesi; resta comunque possibile che la teoria abbia un fondo di verità.
1873 – “The Galveston Daily News” 3 settembre
In questo quotidiano, viene riportato che il New York Club serviva un cocktail peculiare a base di brandy e diversi tipi di bitters, sempre shakerato con ghiaccio. Il celebre Amaranth Club, invece, proponeva un cocktail con seltz, mentre al Manhattan Club si attribuiva l’invenzione di un nuovo drink.
Tuttavia, mancano dettagli specifici che ci indichino quale drink fosse stato effettivamente inventato nel club, ma questo non esclude la presenza di bevande miscelate.
Successivamente, la ricetta del drink preparato nel club è documentata dal giornale americano “The Sun” e si può trovare anche nel testo “History of the Manhattan Club” di Henry Watterson del 1915.
1893 – “The Sun” 23 Aprile
“The famous Manhattan Cocktail was invented at the club. This consist of equal portions of vermouth and whiskey, with a dash of orange bitters.” […]
“Manhattan Cocktail à la Gilbert, consisting of American picon bitters, French vermouth, and whiskey.”
1945
A partire dagli anni ’40 del Novecento, la storia del Manhattan si arricchì di nuovi elementi. Nella sua rubrica “Patrick Murphy’s The Barman’s Corner”, Patrick Murphy riporta un’interessante scoperta di Ed Gibbs riguardante l’origine del Manhattan Cocktail. Gibbs, ex giornalista e ora editore e scrittore di newsletter, afferma che il Manhattan avrebbe una data di origine ben definita.
Secondo questa versione, il drink sarebbe stato realizzato per la prima volta al club il 29 dicembre 1874, in occasione di una cena in onore di Samuel J. Tilden, nel club, che era stata l’ex residenza di Alexander Turney Stewart (oggi l’Empire State Building).
La storia racconta che il banchetto fu preceduto da un drink a base di whiskey americano, vermouth italiano e Angostura Bitters, molto apprezzato dai membri del club, tanto da richiederlo più volte. Fu così che la bevanda divenne nota come “Manhattan Cocktail”
Questa storia, tuttavia, risulta incoerente con i dati disponibili: pur essendoci stati diversi banchetti in onore di Samuel J. Tilden, non esistono tracce di una bevanda miscelata dalle caratteristiche del Manhattan Cocktail. Inoltre, la sede, ex residenza di Alexander Turney Stewart, fu occupata dal club solo nel 1890, come confermato dal testo “History of the Manhattan Club” di Henry Watterson.
1950 – “Daytona Beach Morning Journal” 19 Agosto
Nel 1950, nella rubrica giornalistica di Walter Winchell, la storia si arricchì di un nuovo dettaglio: si sosteneva infatti che la cena in onore di Tilden del 1874 si fosse svolta nell’ex dimora di Lady Randolph Churchill, madre di Winston Churchill.
Anche questa versione risulta incoerente, poiché il club si trasferì nella residenza in questione, precedentemente appartenuta a Leonard Jerome, padre di Lady Churchill, solo nel 1899.
“How It Began – On Dec. 29. 1874, in the lordly mansion which had been the home of Lady Randolph Churchill, mother of Winston Churchill, by then and still the Manhattan Club, a dinner was held to honor Samuel Tilden, who had cleaned up the nefarious Tweed Ring of Tammany, and was about to be inaugurated Governor of New York. For the occasion a bartender, whose name has escaped eternal fame, concocted a new appetizer-of rye whisky, sweet vermouth and bitters. It spread around the World as the Manhattan cocktail.”
Come se non bastasse, negli anni ’60, il ruolo di Lady Churchill nella storia cambiò ulteriormente: da semplice ex proprietaria divenne addirittura organizzatrice dell’evento.
Tuttavia, come dimostrano i fatti, è difficile non vedere un’incoerenza in questa ipotesi, poiché il 30 novembre 1874 Lady Churchill diede alla luce suo figlio Winston a Woodstock, in Inghilterra.
1964 – N.Y. Amsterdam News” 12 Settembre
“First Manhattan Believe it or not – the Manhattan was invented by Sir Winston Churchill’s American born mother!
Back in the 1870’s when Lady Churchill was the reigning belle of New York society, she staged a dinner in honor of Samuel J. Tilden’s election as a reform Governor and introduced that evening a new cocktail.
It was a mixture of Bourbon, sweet vermouth and bitters. It was named after the exclusive club where the Tilden dinner took place – The Manhattan Club!”
4 – Manhattan Club e Charles H. Truax
Negli anni successivi, l’ipotesi della creazione del Manhattan Cocktail al Manhattan Club coinvolse una nuova figura: Charles Henry Truax, giudice ed ex-presidente del club tra il 1899 e il 1900.
A collegare il drink a Truax fu sua figlia, Carol Truax, autrice americana di diversi manuali di cucina, che nell’aprile del 1963 fece una dichiarazione interessante sulla rivista “Gourmet”. Non avendo trovato tracce cartacee o digitali di questa fonte, farò riferimento al testo “Imbibe” di David Wondrich.
2015 – Imbibe – Updated and Revised” di David Wondrich
“There is, however, the rumor Carol Truax printed in the April 1963 issue of Gourmet, to the effect that the drink was invented by “some anonymous genius” during August Belmont’s presidency of the club, which ran from 1874 to 1879. Since her father had been president of the club himself, in the 1890s, this may have some weight. But it may have even predated Belmont’s presidency.”
L’associazione tra il Manhattan Club e Truax fu successivamente riportata nel testo del 1988 “Villas at Table” di James Villas, ma con alcune riserve.
1988 – Villas at table: a passion for food and drink” di James Villas
“For years enthusiasts have believed that the Manhattan was created in 1874 by a bartender at New York’s Manhattan Club especially for a banquet given by Lady Randolph Churchill (mother of Sir Winston) to celebrate the election of Governor Samuel J. Tilden.
Well, after having been put in touch with Carol Truax, a prolific octogenarian food writer who states in one of her twenty-seven cookbooks that none other than her father, Supreme Court Judge Charles Henry Truax, came up with the drink when he was president of the Manhattan Club around 1890, I’m now ready to dispute the long-time theory.”
“It’s true that the old Manhattan Club on lower Fifth Avenue was originally the home of Jenny Jerome (Lady Churchill),” said Miss Truax, “but she really had nothing to do with the invention of the cocktail. What really happened was that my father, who was very fat, would stop his carriage at the club every day on his way home from court and drink a few Martinis (two at a time, since they were two for a quarter!). When the doctor told him he absolutely had to cut out the Martinis if he hoped to lose weight, he swiftly dropped by the club, told the bartender they had to come up with a new cocktail, and the Manhattan was born—named after the club. Of course, when he later returned to his physician, heavier than ever, and told about the delicious substitution for Martinis he’d come up with, the doctor roared, “But that’s even worse!”.
Come si può notare leggendo le due dichiarazioni, l’autrice Carol Truax affermò inizialmente che il drink fu creato da un “anonimo genio” durante la presidenza di August Belmont, tra il 1874 e il 1879; tuttavia, venticinque anni dopo, la creazione venne attribuita a suo padre, Charles Henry Truax, durante la sua presidenza del club, intorno al 1890.
Queste ipotesi mi lasciano alquanto perplesso, soprattutto riguardo alla dichiarazione pubblicata nel 1988 nel testo “Villas at Table”.
Se dovessi considerare la prima affermazione e basarmi sulle date, l’ipotesi potrebbe adattarsi a una delle prime testimonianze di un “whiskey cocktail con aggiunta di vino”. Nonostante non ci sia una specifica su cosa si intendesse per “wine”, sarei molto più propenso a questa versione.
1876 – The Carbon advocate” 28 Ottobre
“Approaching the bar, he remarked to the bar-keeper that he guessed he would take “ a nice whiskey cocktail, with a little wine into it.”
Esaminando invece la seconda ipotesi, risulterebbe difficile associare il giudice Truax alla creazione del drink, soprattutto considerando la data indicata del 1890, che non coincide con la prima testimonianza del 1882.
In conclusione, scarterei l’idea di un coinvolgimento diretto di Charles Henry Truax nella creazione del Manhattan Cocktail, pur senza escludere la possibilità che sia stato effettivamente inventato al Manhattan Club.
5 – William F. Mulhall – Bartender del Hoffman House
Un’altra ipotesi sulla genesi del Manhattan Cocktail ci viene raccontata da William F. Mulhall, bartender di lunga esperienza presso uno dei locali più importanti di New York a cavallo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, l’Hoffman House.
Questo locale, di fama internazionale, fu il luogo in cui bartenders del calibro di Frank Meyer e Harry Craddock iniziarono la loro carriera.
Nel capitolo intitolato “The Golden Age of Booze” (L’età d’oro dell’alcol) del libro “Valentine’s Manual of Old New York,” Mulhall racconta un interessante aneddoto sulla creazione del Manhattan Cocktail, attribuendone l’invenzione a un certo “Black.”
1923 – Valentine’s Manual of Old New York – N. 7 New Series di Henry Collins Brown
“The Manhattan cocktail was invented by a man named Black, who kept a place ten doors below Houston Street on Broadway in the sixties—probably the most famous mixed drink in the world in its time.”
William F. Mulhall, iniziò la sua carriera come uno dei diciassette bartender dell’Hoffman House. Tuttavia, in pochi anni, divenne “head bartender”, riuscendo a guadagnarsi un’ottima reputazione, come attestano alcune testate giornalistiche dell’epoca.
1887 – The Evening World – 11 Ottobre
Nel 1887, The Evening World descriveva William F. Mulhall, capo barman dell’Hoffman House, come uno degli artisti più abili nel suo campo a New York. Il suo repertorio era considerato quasi fenomenale, e la sua abilità nel preparare cocktail particolarmente seducenti li aveva resi tra i drink più popolari serviti al bar, frequentato da intenditori.
1888 – Western Kansas World – 31 Marzo
Nel 1888, Western Kansas World celebrava William F. Mulhall, capo barman dell’Hoffman House, per la sua fama e popolarità.
Con baffi neri invidiati dai dandy e un guardaroba leggendario, Mulhall era noto anche per la sua memoria eccezionale: riusciva a ricordare le preferenze di un cliente anche dopo un anno. L’articolo riporta un episodio in cui un membro del Congresso del Michigan, visitando il bar, fu accolto con la proposta del suo solito gin fizz, preparato da Mulhall con straordinaria rapidità e precisione.
1928 – Buffalo Evening News – 7 Marzo
Nel 1928, Buffalo Evening News descriveva Billy Mulhall, capo barman del Belmont, come una figura leggendaria nel mondo dei cocktail. Sebbene fosse astemio, Mulhall fu celebre per trent’anni come uno dei migliori artisti dei cocktail a Broadway. Durante il suo periodo all’Hoffman House, la sua eleganza, il portamento impeccabile e una memoria prodigiosa per clienti e drink lo resero famoso a livello nazionale.
Viene naturale chiedersi: perché non credere alle parole di un bartender rispettato e apprezzato, per di più contemporaneo alla nascita del Manhattan Cocktail?
Per quanto questa ipotesi possa sembrare priva di fondamenta, le ricerche condotte dallo storico e scrittore David Wondrich hanno permesso di identificare un certo “George Black”, gestore di un saloon al numero 493 di Broadway, un locale conosciuto come “Manhattan Inn.”
2015 – Imbibe – Updated and Revised” di David Wondrich
Nel suo libro David Wondrich suggerisce una possibile connessione tra il Manhattan cocktail e un saloon chiamato The Manhattan Inn, gestito da George Black al 493 di Broadway tra il 1874 e il 1881. Sebbene l’indirizzo sia più distante da Houston Street di quanto alcune storie suggeriscano, il nome del locale rende plausibile un legame con il celebre cocktail, lasciando aperta l’ipotesi sulle sue origini.
A mio avviso, l’ipotesi di William F. Mulhall potrebbe rivelarsi una teoria piuttosto plausibile. Oltre alle ipotesi già menzionate, sono state avanzate anche altre supposizioni sulle origini del Manhattan Cocktail.
Storie o leggende che, purtroppo o per fortuna, non hanno avuto un seguito, ma che riporterò per il solo piacere di condividerne la conoscenza.
6 – King Edward
1910 – Millbrook Mirror and Round Table” 13 Maggio
In questo articolo si attribuisce a Re Edoardo l’invenzione di un cocktail simile all’attuale Manhattan, insieme al celebre rito del tè delle cinque.
Nonostante fosse noto per la sua moderazione nei confronti degli alcolici, questi dettagli emergono da una biografia scritta dal suo segretario privato un anno prima della morte della regina Vittoria. L’articolo osserva anche come il Manhattan abbia superato in popolarità il tè delle cinque negli Stati Uniti.
7 – Astoria Tavern
1926 – The Daily Star” 24 Marzo
In questo articolo si sostiene che il primo Manhattan cocktail fu preparato nella taverna situata nella villa Rapelye, ad Astoria. Costruita 150 anni prima, la casa era originariamente la residenza di Cornelius Rapelye Trafford e in seguito divenne un punto di ritrovo per i contadini di Long Island, che si fermavano lì mentre aspettavano il cambio di marea.
La taverna, situata nel seminterrato, ospitava un bar dove i clienti si intrattenevano. La villa, nota per i soffitti con travi a vista e grandi camini, rappresenta un importante punto storico, legato sia alla cultura del cocktail sia alla vita comunitaria dell’epoca.
Timeline delle Ricette del Manhattan Cocktail
Le prime codifiche stampate su carta risalgono al 1884 e appaiono in quattro distinti manuali, che riporterò di seguito. Come si potrà notare, le ricette presentano alcune singolari differenze.
1884 – American and Other Drinks” di Charlie Paul
Manhattan Cocktail: Fill tumbler with chipped ice; put in three or four drops of angostura bitters, ditto of plain syrup; add half a liqueur glassful of vermouth, half wine glassful of Scotch whiskey; stir well with spoon and put small piece of lemon on top.
1884 – How to mix drinks. Bar keepers’ handbook” di George Winter
Manhattan Cocktail: 2-3 dashes of Peruvian Bitters, 1-2 dashes of gum syrup, 1/2 wine glass of whiskey, 1/2 wine glass of Vermouth;
Fill glass three-quarters full of fine shaved ice, mix well with a spoon, strain in fancy cocktail glass and serve.
1884 – Scientific bar-keeping di Joseph W. Gibson
Manhattan Cocktail: 2 or 3 dashes of gum syrup, 2 or 3 dashes of bitters, 1 wine glass of Italian vermouth 1 wine glass of whisky.
Fill the glass with ice, shake well, strain into a cocktail glass, squeeze the juice of lemon rind and serve.
1884 – The Modern Bartenders Guide by O. H. Byron
Manhattan Cocktail, N°.1: in a small wine-glass, 1 pony French vermouth, 1/2 pony whisky, 3 or 4 dashes Angostura bitters, 3 dashes gum syrup.
Manhattan Cocktail, N°2: 2 dashes Curacoa, 2 dashes of Angostura bitters, 1/2 wine-glass whisky, 1/2 wine-glass Italian vermouth. Fine ice, stir well and strain into a cocktail glass.
Differenze tra le varie ricette storiche
Le discrepanze tra le ricette riguardano principalmente ingredienti, tecniche, proporzioni e persino le guarnizioni del drink. Queste variazioni si sono sviluppate nel corso degli anni e includono:
Rapporto tra gli ingredienti:
Nelle prime ricette, il rapporto tra whiskey e vermouth era spesso 1:1, mentre negli anni successivi la proporzione si spostò a favore del whiskey.
Utilizzo dello zucchero:
Lo zucchero era un ingrediente onnipresente nelle prime versioni, ma successivamente fu condizionato dall’impiego di altri prodotti, come il curacao. In alcuni ricettari, l’autore o bartender suggerisce di usarlo solo su richiesta del cliente, come nella ricetta del libro di Jerry Thomas del 1887, pubblicato postumo: “If the customer prefers it very sweet, use also two dashes of gum syrup.” Con il tempo, l’uso del vermouth portò a una classificazione del Manhattan Cocktail in varianti come il dry Manhattan e l’extra dry Manhattan.
Tecnica di miscelazione:
La maggior parte delle ricette prevede che il drink venga mescolato, anche se in alcuni casi è indicato di shakerarlo.
Guarnizioni e decorazioni:
La guarnizione, inizialmente prevista solo in due delle quattro ricette del 1884 (limone), si evolve nel tempo. Nel 1895, ad esempio, George J. Kappeler sostituisce il limone con una ciliegia nel suo “Modern American Drinks.”
Tipologia degli ingredienti:
Anche il tipo di whiskey varia: in alcune ricette si specifica il bourbon, in altre il rye.
È evidente che, nel corso della sua storia, il Manhattan Cocktail ha conosciuto diverse interpretazioni, tanto che già nel 1893 si cercò di standardizzare la ricetta.
Standardizzazione della ricetta
Undici anni dopo la prima apparizione del mix di whiskey, vermouth e bitter, l’Associazione Internazionale dei Bartender si riunì a Chicago per discutere i metodi di preparazione delle bevande miscelate, inclusa la preparazione del “Manhattan.”
1893 – Chicago Tribune” 14 maggio
DRINKS THEIR THEME, BARTENDERS TO DISCUSS THE MAKE UP OF MIXED BEVERAGES.
They Will Meet in Convention in Chicago and Endeavor to Arrange a Uniform , System of Concoction-Various Plans in Vogue in Different Cities – Sol Var Praag Believes in This City Having individuality-Topics to Be Considered by the Representatives at the Meeting.
The International Association of Bartenders, a new organization of sixty-two local unions, having 11,000 members, affiliated with the American Federation of Labor, will open its first annual convention in Chicago May 20 at No. 116 Fifth avenue, and remain in session for a week. Many receptions and balls are being prepared for the delegates. It will be a notable assembly. Questions close to the stomach of the great American drinkers will be considered.
The first matter to be discussed will be the establishment of a standard method of making mixed drinks. Cocktails figure on the first day’s program. Manhattan, Martine, Champagne, and the Old-fashioned cocktails are not mixed in various methods in different cities.
“They differ in degrees of glory,” said Archie McGrew of the Major saloon.” The Manhattan, with lots of whisky and but little vermouth, such as is tangled for officeseekers suffering from hope long deferred in Washington City, is not the soothing Manhattan mixed, for the successful Chicago businessman.”
Conclusioni
In conclusione, se dovessi scegliere quale ipotesi considerare più credibile, darei certamente credito alle parole tramandate da William F. Mulhall. Questo perché non vedo alcun motivo o vantaggio, da parte di un professionista stimato e con ottime referenze, nel diffondere una notizia falsa.
Per quanto riguarda la ricetta, come abbiamo visto, ha subito diversi cambiamenti nel corso degli anni, probabilmente dovuti alla creatività dei bartender o a un’evoluzione del gusto degli avventori.
Indipendentemente dalle mie conclusioni, il “Manhattan Cocktail” resta uno dei grandi classici della miscelazione, una bevanda la cui storia vale sicuramente la pena di essere approfondita.
Se la storia della mixology e dei cocktail ti appassiona dai un’occhiata alla sezione dedicata alla Storia della Miscelazione per scoprire i nostri approfondimenti
Buona Miscelazione
Lucio
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