La storia dell’Americano, il primo cocktail italiano

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Stralci di giornale che raccontano la storia dell'americano, primo cocktail italiano

L’Americano cocktail è un drink tutto Italiano, un mix di ingredienti che ha influenzato usi e costumi nazionali e esteri, arrivando ben presto anche oltre oceano.

Per capire l’evoluzione del cocktail Americano bisogna però partire da lontano, bisogna partire dal cocktail americano per capire meglio il contesto storico.

Era il 1806 quando in un giornale americano dal titolo The Balance and Columbian Repository compare per la prima volta la ricetta di una bevanda miscelata sotto il nome di cocktail.

L’autore racconta di una bevanda stimolante composta da diverse sostanze alcoliche, zucchero, acqua e amaro, nota come Bittered Sling

Definizione di cocktail nel The Balance and Columbian Repository
The Balance and Columbian Repository

Però, solo successivamente, venne spiegata la collocazione del cocktail tra gli American Drinks.

Infatti, in uno dei primi manuali da bar, verrà scritto: The Cocktail is of recent origin, but has rapidly risen in favor. It is most frequently called for in the morning and about half an hour before dinner. It is sometimes taken as an appetizer. It is a welcome companion on fishing excursions, and travelers often go provided with it on railroad journeys.

definizione di cocktail nel 1869 - Haney’s Steward & Barkeeper’s Manual di Jesse Haney
1869 – Haney’s Steward & Barkeeper’s Manual di Jesse Haney

Il cocktail arrivò in Italia alla fine del ‘800 ma, nel nostro paese, i primi ricettari dedicati al mondo del bartending sono stati pubblicati soltanto dalla seconda decade del ventesimo secolo.

Tra questi il primo in Italia fu quello di Ferruccio Mazzon, Guida del Barman. Mixer, che al suo interno riporta la definizione di cocktail, la preparazione e i consigli di consumo.

Il cocktail è la bibita più diffusa che viene presa prima dei pasti, come in Italia il vino Vermouth. La sua preparazione è semplicissima: si prende il bicchierone del ghiaccio sminuzzato, vi si aggiunge amaro, zucchero ecc… si rimescola tutto con il cucchiaio a Bar”. 

il Cocktail nel 1920 - Italia - nel libro di Ferruccio Mazzon
Cocktail nel 1920 – Italia – Ferruccio Mazzon

Se hai letto le parole di Mazzon, avrai sicuramente notato che non ci parla solo del cocktail ma anche del vermouth come una bevanda da bere prima dei pasti: una puntualizzazione oggi quasi scontata, ma importante agli occhi di uno storico.

Vermouth che nel cocktail Americano è importante tanto quanto il Bitter e che ha una lunga storia che si potrebbe far partire dal 1786 quando Benedetto Carpano passò da una produzione di bottega ad una produzione industriale.

Nel giro di pochi anni, da consumo locale, il vermouth arrivò in America diventando così un ingrediente rivoluzionario. Sarà infatti in questo contesto storico che nasceranno molti importanti cocktail classici a base vermouth: il Bronx, il Manhattan e il Martini.

Ma a quando risale la prima miscela di Vermouth e Bitter?

Prima di rispondere a questa domanda, dobbiamo capire come Vermouth e Bitter erano consumati nel nostro paese.

A Torino venne identificato un momento della giornata, noto come ora del vermouth, in cui una persona si ritagliava un momento di piacere, di relax: l’aperitivo.

Un rituale che successivamente arrivò anche a Milano, celebrando il prodotto più famoso di questa città: l’ora del Campari.

Come il vermouth, anche gli amari hanno una lunga storia. L’aspetto più importante è che da un uso medicamentoso passarono ad un uso ricreativo ed il cocktail è uno dei suoi testimoni.

Gli amari non furono solo utilizzati come ingredienti in mix tra distillati e liquori, ma erano anche semplicemente consumati con del seltz o con del vermouth: semplici consigli di consumo che le aziende produttrici davano attraverso le loro pubblicità.

Una tendenza ispirata probabilmente da un nuovo modo di bere all’americana che si stava affermando negli anni tra la fine dell ‘800 e l’inizio del ‘900: gli highball.

Una tendenza che probabilmente diede il nome al drink anche se non fu l’unica leggenda legata al nome.

La più popolare racconta che fu realizzato un nuovo drink per celebrare la gloriosa vittoria del pugile Primo Carnera, primo italiano a conquistare il titolo di Campione del Mondo dei pesi massimi a New York nel 1933. Leggenda che però non ha alcun fondamento storico.

L’associazione tra vermouth e bitter trova inoltre testimonianza non solo nelle pubblicità, ma anche in manuali dell’epoca, pubblicati in diverse parti del Mondo.

In America, William Schmidt ha pubblicato nel 1892 il testo dal titolo The Flowing Bowl troviamo il drink L’Appetit di cui vi invito a notare l’interessante nota descrittiva.

L’Appetit
A whiskey-glass, 2 lumps of ice, 2/3 of vino vermouth, 1/3 of Fernet Branca, 1 slice of orange. This drink is much en vogue among southern Europeans.  

L'appetit cocktial nel libro The Flowing Bowl, molto simile all'Americano

Una delle prime testimonianze in Italia di un mix tra vermouth-bitter-seltz appare in L’Amore. Fisiologia. Psicologia Morale, testo del 1895 di Federico De Roberto.

Nel libro è possibile leggere: “considerare il sentimento come una specie di vermouth-bitter-seltz che stuzzichi l’appetito e prepari alla digestione è veramente abbassarlo un po’ troppo; noi non diremo dunque che esso abbia questo scopo…”. 

Nel 1907 è stato pubblicato da Arnaldo Strucchi il Vermouth di Torino, una monografia dedicata alla produzione del vermouth. Nella sezione dedicata ai vermouth speciali è possibile trovare una testimonianza del cocktail Americano.

“Vermouth al bitter o Americano: è detto Americano perché negli Stati Uniti si ha l’usanza di bere il vermouth mescolato con liquori amari e gin (cohiskey) formando una bibita chiamata coktail. Molti e differenti fra loro possono essere queste preparazioni, a seconda del liquore bitter che viene impiegato, essendovi di questo liquore innumerevoli qualità e con sapori diversi, con peraltro in tutte una base amaro”.

Però, la prima ricetta codificata dell’Americano in un ricettario appare nel 1913, in Germania, nel testo Lexikon der Getränke di Hans Schönfeld e John Leybold per poi, negli anni successivi, fare il giro del Mondo comparendo in manuali pubblicati in Francia, Inghilterra, Sud America e Australia.

L'Americano nel Lexikon der Getränke di Hans Schönfeld e John Leybold
L’Americano nel Lexikon der Getränke di Hans Schönfeld e John Leybold

Come è possibile vedere la prima ricetta codificata dell’Americano, inteso come ricetta e non come modo di bere, era con Fernet Branca.

La più importante fonte italiana sull’Americano è invece del 1936. Nel testo di Elvezio Grassi Mille Misture l’Americano è presente in 12 ricette, una categoria a tutti gli effetti.

La pagina del libro Mille Misture di Elvezio Grassi dove ci sono 12 ricette di americano
Mille Misture di Elvezio Grassi

Concludendo, possiamo affermare con certezza che anche l’Americano, come tanti altri cocktail e drink, si è evoluto a partire da un modo di bere e non è stato inventato, così come lo conosciamo oggi, da un barman.

Addirittura, come puoi vedere nella foto del libro Mille Misture di Elvezio Grassi, negli anni ’30 del secolo scorso l’Americano non era percepito come una ricetta, ma come una categoria vera e propria di drink composti da vermouth, bitter e seltz. Questo non fa che rafforzare le sue origini come modo di bere e la sua enorme diffusione tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900.

Curioso notare come il bitter più utilizzato nelle prime miscele con vermouth, e nella prima ricetta codificata dell’Americano, fosse il Fernet Branca.

Buona Miscelazione,
Lucio

Autore

  • Lucio Tucci

    Sono un barman che nel corso degli anni ha avuto esperienze lavorative sia come imprenditore che come dipendente. Circa 15 anni fa ho iniziato ad interessarmi in maniera costante nella ricerca di informazioni e tracce storiche. Negli anni ho collezionato testi, documenti, articoli per riuscire ad analizzare quello che era la storia di ogni singolo cocktails. Sono autore del libro L'ora dell'Americano, HOEPLI editore. Dal 2023 faccio parte del team Cocktail Engineering.

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