La fermentazione al bar: concetti base e applicazioni

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delle arance fermentate home made all'interno di un barattolo

Negli ultimi anni la fermentazione è tornata protagonista anche nel mondo della miscelazione. Se per secoli era stata una tecnica fondamentale per conservare alimenti e bevande, oggi viene riscoperta come strumento creativo per dare nuove dimensioni aromatiche ai cocktail.

Non parliamo quindi soltanto di yogurt, formaggi o crauti, ma di kombucha, kefir, ginger beer, vini di frutta e fermentati lattici di frutta e verdura: preparazioni che stanno trovando spazio nei migliori bar del Mondo.

La domanda diventa naturale: perché fermentare al bar e cosa cambia tra ingredienti fermentati e non fermentati?



La fermentazione: definizione e significato per la mixology

su un tavolo una bottiglia e un bicchiere da cocktail contenenti un fermentato di fiori di sambuco utilizzato come ingrediente nel cocktail "hugo dal futuro"
Fermentato di fiori di sambuco

La fermentazione è un processo biochimico guidato da microrganismi – principalmente lieviti e batteri – che utilizzano zuccheri e altre molecole presenti negli alimenti per vivere e riprodursi. In questa trasformazione gli zuccheri vengono convertiti in alcol, acidi organici (es. acido lattico), gas (es. anidride carbonica) e una vasta gamma di composti aromatici secondari.

Per noi bartender o chef, queste trasformazioni non sono semplici “reazioni chimiche”, ma una vera e propria firma sensoriale lasciata dai microrganismi sul prodotto finale. Ogni specie, e persino ogni ceppo di lievito o batterio, è in grado di rilasciare molecole diverse, che arricchiscono il profilo aromatico e gustativo.

Gli effetti principali della fermentazione sono tre:

01. Nuovi sapori e complessità aromatica
Durante la fermentazione si generano esteri, aldeidi, chetoni e altri composti aromatici che non erano presenti nella materia prima. È qui che avviene la magia: una semplice tisana al tè diventa kombucha, con note fruttate, gusto acido e acetico, impossibile da replicare in altro modo; lo zenzero con acqua e zucchero diventa ginger beer, fresco, pungente e leggermente alcolico.

02. Maggiore varietà sensoriale
La fermentazione non modifica solo il gusto, ma anche la percezione al palato. L’acidità lattica porta morbidezza e freschezza, la CO₂ naturale dona vivacità e frizzantezza, i metaboliti secondari possono creare note burrose, floreali, fruttate o speziate, la presenza di polisaccaridi e proteine rilasciate dai microrganismi contribuisce a dare texture e corpo.

03. Conservazione naturale
L’abbassamento del pH (grazie alla produzione di acidi come lattico e acetico) e la formazione di alcol e anidride carbonica creano un ambiente ostile per i microrganismi indesiderati. Questo rende l’alimento o la bevanda più stabile nel tempo, riducendo il rischio di deterioramento. È il motivo per cui alimenti come crauti, yogurt o sidro potevano essere conservati a lungo anche senza frigorifero.

Per il bartender questi aspetti si traducono in opportunità concrete:

  • Stile e identità: ogni fermentato diventa una “firma aromatica” unica e irripetibile, diversa da qualsiasi prodotto industriale;
  • Personalizzazione: tempi, temperatura, ingredienti e condizioni della fermentazione permettono di modulare il risultato e costruire un profilo aromatico su misura per la propria drink list;
  • Narrazione: un cocktail che utilizza una base fermentata non è solo buono, ma ha anche una storia da raccontare: un processo vivo, artigianale, che valorizza la materia prima e la creatività del bartender.

In definitiva, se dal punto di vista della tecnologia alimentare la fermentazione è soprattutto un mezzo per conservare e trasformare, per chi lavora dietro al bancone diventa un mezzo creativo per dare personalità al drink e distinguersi in un mercato sempre più competitivo.

I principali tipi di fermentazione utili al bar

un operatore prepara un fermentato al bar

Non tutte le fermentazioni sono uguali: a seconda dei microrganismi coinvolti e delle sostanze prodotte, possiamo ottenere risultati molto diversi, ciascuno con un preciso valore sensoriale e applicativo nella miscelazione. In genere si classificano i processi in base al prodotto principale che si sviluppa a conclusione della trasformazione.

Fermentazione lattica → trasforma zuccheri in acido lattico. Porta freschezza, acidità e texture. Tipica dei fermentati vegetali come i crauti e la giardiniera.

Fermentazione alcolica → la fermentazione alcolica produce etanolo e anidride carbonica. È la base di vini di frutta e ginger beer.

Fermentazione acetica → ossida l’alcol in acido acetico. È il principio di produzione dell’aceto: gli acetobacter trasformano l’alcol in acido acetico.

Ricorda sempre una cosa: quando si parla di fermentazioni spontanee, i confini non sono sempre così netti: diversi microrganismi possono agire in successione o in contemporanea, dando vita a processi misti. Un esempio tipico è il kombucha, che inizia con una fermentazione alcolica guidata dai lieviti e prosegue con una fermentazione acetica grazie ai batteri del genere acetobacter.

Ingredienti fermentati applicabili alla miscelazione

Ginger beer

La ginger beer è forse il fermentato più iconico in miscelazione: indissolubilmente legata al Moscow Mule, ma perfetta anche per highball freschi e frizzanti. Preparala in versione fermentata seguendo la nostra guida dedicata a ginger beer e ginger bug.

👉 Vuoi un’alternativa più rapida? Scopri come preparare la ginger beer non fermentata, pronta all’uso e con caratteristiche diverse.

ginger bug, lo starter spontaneo per fare la ginger beer
Ginger bug, lo starter spontaneo per fare la ginger beer home made

Kombucha

Il kombucha è un tè fermentato ottenuto grazie a una comunità simbiotica di lieviti e batteri (SCOBY). Estremamente versatile, può essere aromatizzato con erbe, frutta o spezie. Nei cocktail apporta un’acidità equilibrata, una bollicina naturale e una complessità aromatica unica.

dei barattoli con la kombucha in fermentazione
Kombucha in produzione. Nella foto si vede bene lo SCOBY

Kefir di latte

Il kefir di latte è un fermentato lattico ricco e cremoso, ottenuto dall’azione dei grani di kefir. In miscelazione offre una base unica: a seconda della durata della fermentazione può risultare più liquido e delicato, adatto a milk punch e milk washing, oppure più denso e acido, perfetto per smoothie alcolici e cocktail cremosi.

Kefir di latte e grani di kefir
Kefir di latte e grani di kefir

Kefir d’acqua (tibicos)

Fermentato leggero e frizzante ottenuto da grani di kefir d’acqua (tibicos). Ideale come base analcolica o a bassa gradazione, con note fresche e leggermente lattiche.

grani di kefir d'acqua (tibicos)
Tibicos, i grani di kefir d’acqua

Vini di frutta

I vini di frutta da fermentazione alcolica spontanea o con inoculo di lieviti selezionati, sono alternative creative al vino d’uva, ottenuti da fermentazione spontanea o inoculata di succhi di frutta (mela, frutti rossi, tropicali). Possono essere usati come base aromatica per dare un tocco fermentato in sostituzione a succhi di frutta oppure per creare altri home made (es. sciroppi e shrub) dal sapore unico.

Vino di Pesche Fermentate ricetta e preparazione
Il Vino di Pesche Fermentate ottenuto mediante fermentazione alcolica spontanea

Fermentati lattici di frutta e verdura

Preparazioni solitamente molto salate e quindi meno immediate da usare in miscelazione, i fermentati lattici restano però strumenti preziosi per donare acidità complessa e profumi inaspettati. Possono diventare side originali o componenti da dosare con attenzione in piccole quantità nei cocktail.

fermentazione lattica di verdure
Verdure frutta durante la fermentazione lattica

Fermentazione spontanea o con starter

La fermentazione, come abbiamo visto, è resa possibile dall’azione di specifici microrganismi. Se vogliamo orientare il processo verso un determinato risultato – ad esempio favorire la produzione di acidità lattica o di alcol – dobbiamo assicurarci che il microrganismo responsabile sia quello predominante.

Per ottenere questo ci sono due strade principali, la fermentazione spontanea o l’utilizzo di starter.

  1. Fermentazione spontanea → si lavora creando le condizioni ambientali (temperatura, pH, salinità, nutrienti) che favoriscono i microrganismi desiderati già presenti sugli ingredienti o nell’ambiente. Una volta avviati, saranno loro stessi a rendere l’ambiente sempre più adatto alla propria crescita e sfavorevole per i competitori.
  2. Fermentazione con starter → invece di affidarsi alla flora microbica naturale, si inocula intenzionalmente una certa quantità del microrganismo scelto (lievito o batterio). Questo conferisce un vantaggio immediato, riducendo l’imprevedibilità e portando a un processo più stabile e replicabile. Uno starter può essere un lievito acquistato o anche un ginger bug home made.

In sintesi, la fermentazione spontanea valorizza la biodiversità naturale e porta spesso a risultati unici, mentre quella con starter garantisce maggiore controllo e costanza: due approcci diversi ma entrambi preziosi per un bartender che vuole sperimentare.

Consigli pratici per bartender che vogliono iniziare fermentare

un pH-metro
Processo di taratura di un pH-metro

So già che non vedi l’ora di mettere le mani in pasta, ma questo articolo è solo l’inizio di un viaggio teorico e pratico che ti porterà a sviluppare sapori unici e stupire i tuoi clienti. Come sempre, quando si fanno preparazioni home made, siano essere tradizionali o fermentate, bisogna lavorare conoscendo la tecnica e in sicurezza.

Ecco alcuni consigli utili.

Sicurezza alimentare e pH: fermentare è un processo sicuro, tuttavia bisogna sempre monitorare ciò che si fa. Il pH è sicuramente il parametro più importante, quando questo scende vuol dire che la fermentazione procede per il meglio. Un valore di 4.2 è il valore minimo da raggiungere, più basso è meglio è. Per misurare il pH serve uno strumento chiamato pH-metro.

Temperatura: 20–28 °C è il range di temperatura entro il quale dovrai lavorare. In estate un locale condizionato e in inverno un locale riscaldato ricadono già in questo range.

Tempo: fermentare richiede tempo. Batteri e lieviti sono vivi, non possiamo forzare troppo il loro metabolismo. Organizzati, assaggia ogni giorno e segui i ritmi naturali della fermentazione.

Strumenti utili: pH-metro, termometro, fermentatori con gorgogliatore e barattoli sono un buon punto di partenza.

Materie prime: ingredienti freschi e di qualità, meglio se non trattati con conservanti che possono bloccare i microrganismi.

Fermentazione al bar e sostenibilità

Oltre al gusto, fermentare significa anche valorizzare gli scarti: bucce di frutta, ritagli di verdure, pane duro o fondi di caffè possono trasformarsi in nuove basi fermentate. Un approccio che unisce creatività e riduzione dello spreco, in linea con i principi di sostenibilità al bar affrontati nel nostro focus tecnico con dati e analisi scientifiche.

Conclusione

La fermentazione al bar è molto più che una moda: è uno strumento creativo per il bartender contemporaneo. Ginger beer, kombucha, kefir, vini di frutta e fermentati lattici aprono possibilità infinite di sapori, texture e narrazioni di bar.

Chi saprà padroneggiare questi strumenti non solo offrirà drink originali, ma porterà nel bicchiere storia, cultura e innovazione.

Buona fermentazione,
Giovanni

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Autore

  • Giovanni Ceccarelli

    Sono l'ideatore e coordinatore del blog e del progetto Cocktail Engineering. Per pagarmi gli studi universitari dal 2007 ho iniziato a lavorare come bartender in diversi locali tra Pesaro, Fano e la Riviera romagnola. Nel 2010 mi sono laureato in Ingegneria Energetica (ben presto ho capito che questa non era la mia strada). Dal 2011 sono docente in Drink Factory nei corsi di Miscelazione Avanzata e Preparazioni Home made. Dal 2013 al 2016 ho scritto di scienza e cocktail sulla rivista BarTales. Nel 2016 ho aperto questo blog e lavoro come consulente per Vargros per il quale seleziono spezie ed altri ingredienti.

Autore
Giovanni Ceccarelli Divulgatore, docente, consulente