Fermentazione Lattica: cos’è, come funziona e come usarla al bar

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fermentazione lattica

La fermentazione lattica è uno dei processi più affascinanti della fermentazione alimentare. Dalla produzione di yogurt e crauti fino ai moderni cocktail fermentati, questo meccanismo microbiologico è alla base di sapori complessi e di alimenti più stabili e sicuri.

In questo articolo vedremo cos’è, quali batteri la guidano, come creare le condizioni ideali e come portarla dietro al bancone di un bar.

I batteri lattici (LAB) e il loro ruolo

i batteri lattici LAB, responsabili della fermentazione lattica

I protagonisti della fermentazione lattica sono i cosiddetti Lactic Acid Bacteria (LAB). Non si tratta di un gruppo ufficiale in tassonomia, ma di una definizione comoda per indicare diversi generi di batteri (come Lactobacillus, Leuconostoc, Pediococcus, Streptococcus) accomunati dalla capacità di produrre acido lattico.

Durante la trasformazione, gli zuccheri naturalmente presenti negli alimenti vengono convertiti in acido lattico, responsabile della tipica acidità e del carattere pungente dei fermentati. Insieme a questo acido, i LAB producono anche composti secondari (etanolo, acido acetico, CO₂, sostanze aromatiche) che arricchiscono il profilo sensoriale del prodotto.

Omofermentanti vs eterofermentanti

I LAB si dividono in due grandi categorie metaboliche:

  • Omofermentanti → trasformano fino al 90% degli zuccheri in acido lattico. Il processo è lineare, rapido e con sviluppo di gas minimo;
  • Eterofermentanti → convertono circa metà degli zuccheri in acido lattico e l’altra metà in etanolo, acido acetico e CO₂. Sono responsabili delle fermentazioni più “tumultuose”, perché liberano molto gas.

Spesso nelle prime fasi dominano gli eterofermentanti, mentre in seguito prevalgono gli omofermentanti, stabilizzando il prodotto.

Successione microbica nelle verdure fermentate

Un esempio classico è quello delle verdure in salamoia. Qui si assiste a una vera e propria successione ecologica:

  1. Leuconostoc mesenteroides → tollera bene il sale e cresce anche a basse temperature (15–18 °C). Avvia la fermentazione, produce CO₂ e acidi, ma dopo pochi giorni scompare perché il pH si abbassa troppo;
  2. Lactobacillus brevis e Pediococcus pentosaceus → entrano in scena nella fase intermedia, mantenendo viva la fermentazione;
  3. Lactobacillus plantarum → prende il sopravvento. È un batterio molto acidofilo ed eterofermentante facoltativo: può adattare il metabolismo e portare il pH fino a valori intorno a 3,4–3,6 in 4–8 settimane.

Questo abbassamento del pH, insieme alla produzione di batteriocine, rende l’ambiente sempre più inospitale per muffe e patogeni, e più sicuro per il consumo.

💡 Nota importante: l’acidità percepita non coincide sempre con il valore di pH. Dipende anche dal tipo di acidi presenti e dal loro impatto sensoriale.

Come creare l’ambiente selettivo

La fermentazione lattica può essere avviata inoculando uno starter (cioè un ceppo di LAB selezionato) oppure in maniera spontanea, sfruttando i microbi già presenti sugli alimenti. In questo articolo ci concentriamo sulla seconda via, più tradizionale e affascinante.

Per orientare la crescita dei LAB desiderati bisogna modificare i parametri ambientali:

Ossigeno e condizione di anaerobiosi

I LAB preferiscono condizioni di anaerobiosi. È quindi fondamentale mantenere gli ingredienti immersi in liquido per ridurre la presenza di ossigeno, che altrimenti favorirebbe muffe e lieviti indesiderati.

Sale e salamoia

la salamoia è un modo per creare un ambiente selettivo
La salamoia è un modo per creare un ambiente selettivo

Il cloruro di sodio è l’arma più semplice e potente per selezionare i LAB:

  • fra 2–3% troviamo il range più usato per verdure ma ti sconsiglio di scendere sotto il 2,5% perché aumenta il rischio di crescita indesiderata;
  • sopra il 5–8% sopravvivono solo poche specie tolleranti, come alcuni ceppi di L. plantarum.

Il sale può essere aggiunto “a secco” (sull’alimento, che rilascerà il proprio succo) oppure sciolto in una salamoia.

Temperatura ideale

Ogni LAB ha la sua “comfort zone”:

  • Leuconostoc e Lactobacillus brevis → crescono meglio a temperature medio-basse (15–20 °C);
  • Lactobacillus plantarum → resiste bene fino ai 30 °C.
  • I LAB dello yogurt (L. delbrueckii subsp. bulgaricus, Streptococcus thermophilus) → lavorano ad alte temperature (40–45 °C).

Zuccheri disponibili

In genere bastano quelli già contenuti negli alimenti. Tuttavia, l’aggiunta di zuccheri differenti (glucosio, fruttosio, saccarosio) può modificare gli aromi finali.

👉 La regola d’oro: tenere un diario di fermentazione, annotando salinità, pH, temperatura e tempi. Solo così puoi replicare il risultato che preferisci.

ParametroRange consigliatoNote e specie prevalenti
Sale (NaCl)2–3%Range ideale per verdure 2.5-3%. Se <2.5% rischio contaminazioni; se >5% seleziona solo specie alofili (L. plantarum).
pH finale3,4 – 3,6Valore tipico dopo 4–8 settimane. Inibisce patogeni e muffe.
Temperatura15–20 °CFavorisce Leuconostoc mesenteroides e Lactobacillus brevis.
25–30 °CFavorisce Lactobacillus plantarum. Fermentazione più rapida.
Durata3–8 settimaneDipende da temperatura e salinità.
Specie tipicheLeuconostoc mesenteroides (inizio), L. brevis e Pediococcus (fase intermedia), L. plantarum (stadio finale)

La fermentazione lattica in cucina e mixology

La fermentazione lattica non è solo conservazione: è un potente strumento creativo.

In cucina è alla base di crauti, kimchi, cetrioli fermentati, carote in salamoia. Ma può riguardare anche ingredienti inaspettati come erbe aromatiche e frutta.

In miscelazione, i fermentati diventano ingredienti unici per:

  • sciroppi e premix → a partire da verdure o frutti fermentati;
  • shrub e cordial → dove l’acidità lattica sostituisce o affianca quella acetica e citrica;
  • garnish edibili → bucce e foglie fermentate come guarnizioni aromatiche;
  • milk punch e milk washing → sfruttando il succo lattico come fonte di acidità e complessità.

Un ingrediente fermentato può trasformare un cocktail in un’esperienza totalmente nuova: non un semplice dettaglio, ma la firma del drink.

Conclusioni

La fermentazione lattica è un processo tanto semplice da avviare quanto complesso da padroneggiare. Richiede osservazione, costanza e sperimentazione, ma ripaga con aromi unici e irripetibili.

Buona miscelazione,
Giovanni

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Autore

  • Giovanni Ceccarelli

    Sono l'ideatore e coordinatore del blog e del progetto Cocktail Engineering. Per pagarmi gli studi universitari dal 2007 ho iniziato a lavorare come bartender in diversi locali tra Pesaro, Fano e la Riviera romagnola. Nel 2010 mi sono laureato in Ingegneria Energetica (ben presto ho capito che questa non era la mia strada). Dal 2011 sono docente in Drink Factory nei corsi di Miscelazione Avanzata e Preparazioni Home made. Dal 2013 al 2016 ho scritto di scienza e cocktail sulla rivista BarTales. Nel 2016 ho aperto questo blog e lavoro come consulente per Vargros per il quale seleziono spezie ed altri ingredienti.

Autore
Giovanni Ceccarelli Divulgatore, docente, consulente