Il Bloody Mary è un grande classico della miscelazione e la sua storia è intricata e affascinante.
D’altronde, come non potrebbe esserlo? Il Bloody Mary è un drink iconico, uno tra i più conosciuti e bevuti al Mondo. Chi non vorrebbe poter dire di averlo inventato?
In questo articolo, ricostruiremo ciò che sappiamo sulla storia del Bloody Mary, dalle origini fino ai giorni nostri.
Ti avviso però che ti dovrai armare di pazienza, quella che stai per leggere è una ricerca storiografica approfondita e dettagliata.
Per scriverla ho ricercato per anni tra centinaia e centinaia di fonti: ricettari, articoli di giornale, interviste esclusive. Per ovvie ragioni non le ho riportate tutte, ma ho riportato solo quelle necessarie alla nostra narrazione.
Cominciamo subito.
Leggendo online, o anche su alcuni libri di cocktail, si legge spesso che il Bloody Mary è stato inventato da Fernand Petiot.
In realtà i principali protagonisti di questa storia sono due e sono stati entrambi determinanti per l’evoluzione e la realizzazione della ricetta attuale.
Oltre Fernand “Pete” Petiot l’altro nome da tenere a mente è George Jessel.
Chi dei due ha inventato il Bloody Mary?
Sono stati veramente loro ad inventarlo oppure è una semplice evoluzione di altri modi di bere?
E il nome da cosa deriva veramente?
Per rispondere a queste domande dobbiamo, inizialmente, analizzare la storia del Bloody Mary di Petiot e quella di Jessel separatamente, per poi tratte le nostre conclusioni.
Cominciamo con Fernand Petiot.
Fernand “Pete” Petiot
Fernand Petiot è stato un barman di origine Francese, soprannominato Pete e The Frog.
Nato a Parigi il 18 Febbraio del 1900, inizia la sua carriera aiutando i propri genitori nella gestione di una pensione di 60 camere, in cucina, al fianco della madre.
All’età di 16 anni, con un impiego da apprendista, si troverà a muovere i primi passi nel mondo del bar in uno dei più importati locali della capitale parigina: il famoso New York Bar.
All’epoca il bar eraancora sotto la gestione dell’ex fantino americano Tod Sloan, che ben presto vendette al suo ex barista Harry MacElhone che gli cambiò nome in Harry’s New York Bar.
A fine carriera, nel dicembre 1966, sul giornale The Akron Beacon Journal, Petiot dichiarerà che fu proprio all’Harry’s New York bar che miscelò per la prima volta la vodka con il succo di pomodoro.
“It was a time when Prohibition was making inroads in America and vodka was beginning to flow out of Russia […] We had just been to a little Russian place in Paris and we came back to Harry’s to try to mix something with vodka […] So began to experiment and finally poured a glass half full of tomato juice and to the brim with vodka.”
Da quel che sappiamo quindi Petiot iniziò a sperimentare il mix tra vodka e succo di pomodoro nei primi anni ’20 all’ Harry’s New York Bar di Parigi.
Nel 1925 Petiot deciderà di intraprendere un viaggio per un breve periodo in America (a Canton) per imparare la lingua inglese e scoprire cosa stesse succedendo negli Stati Uniti.
Il periodo di permanenza era stato programmato per sei mesi ma vi rimase per 3 anni lavorando come assistente manager al Canton Club. Qui si sposò per una seconda volta con Ruth Johnson.
Dopo diversi anni Pete approdò al King Cole Bar del Saint Regis Hotel grazie alla conoscenza avuta con la Sig.ra Mary Duke Biddle, cosi come sarà riportato in un articolo del periodico “The New Yorker” del 18 luglio del 1964.
Un aneddoto racconta che fu proprio al St. Regis Hotel che Fernand Petiot servì il Bloody Mary al principe russo Serge Obolensky che voleva un drink molto piccante: fu in questa occasione che Pete aggiunse alla ricetta il tabasco.
Petiot si ritirò dall’attività da professionista nel 1966 e morirà all’età di 74 anni nei primi di gennaio del 1975.
Bloody Mary: origine del nome nella timeline Petiot
Ma come ebbe origine il nome del cocktail o per lo più Fernand “Pete” Petiot da che cosa fu ispirato?
Sono molte le supposizioni e tra queste viene raccontato che il nome fu preso dalla regina Maria Tudor d’Inghilterra, figlia di Henry VIII e Caterina d’Aragona che regnò sull’Inghilterra dal 1553 al 1558.
Cattolica, intransigente come la madre, fu soprannominata Bloody Mary – Maria la sanguinaria – per la sua ferocia contro la Chiesa riformata dal padre e i suoi seguaci.
Un altra ipotesi è legata Roy Barton, uomo americano del mondo dello spettacolo e cliente di Fernand, che suggerì il nome Bloody Mary perché gli riportava alla memoria un club di Chicago conosciuto col nome di Bucket of Blood. Molti gli articoli di riferimento nel 1975 su giornali americani di questa ipotesi.
Un altra supposizione viene riportata da Dale Degroff nel suo libro The Essential Cocktail: The Art of Mixing Perfect Drinks.
Vi riporto qua sotto lo stralcio:
“Duncan MacElhone, Harry MacElhone’s grandson, told me in a phone interview in 1997 (four years before his premature death) that Pete served the drink to a lady named Mary who sat at the bar for long hours pining for a boyfriend who seldom kept appointments with her; Pete named the drink after her. In Duncan’s words, “That’s the story I was told, and it is good enough for me!”
Praticamente il nipote di Harry MacElhone (il proprietario dell’Harry’s New York Bar) sostiene che Petiot dedicò il drink ad una cliente di nome Mary.
Sappiamo però che il Bloody Mary era conosciuto anche con un altro nome, e questo nome è Red Snapper.
Dal Bloody Mary al Red Snapper: cambio del nome
Un interessante particolare sulla creazione del drink avviene intorno al 1935, anno in cui Petiot svolse la sua professione al “King Cole Bar del St. Regis Hotel”.
Il King Cole Bar era un luogo elegante, dove il proprietario Vincent Astor contestò il nome del cocktail al barman francese, troppo inadeguato per quel tipo di clientela.
Sembra che fu questo il motivo che portò al cambiamento del nome in Red Snapper.
Alcuni ricercatori suppongono che la scelta del nome Red Snapper sia dovuto probabilmente dalla popolarità di una salsa piccante che avrebbe potuto ispirare Astor o, probabilmente Fernard Petiot, nella scelta del nome.
Secondo altre fonti potrebbe essere semplicemente dovuto per la passione per la pesca di Vincent Astor. Red Snapper è infatti il dentice rosso.
Alcune fonti sostengono che in questa occasione lo spirito di base del drink cambiò: dalla vodka si passo al gin per il difficile reperimento della vodka negli Stati Uniti d’America (solo dopo anni di promozione dal 1940 da parte della Heublein Company e quindi della Smirnoff Vodka, il distillato prese piede per tutto il continente).
Ora conosceremo George Jessel ed entreremo nel vivo della Bloody Mary War: Petiot e Jessel sostengono entrambi di aver inventato il Bloody Mary. Un’intervista esclusiva potrebbe però mettere indicare un vincitore…a meno di colpi di scena!
George Jessel e il colpo di scena
Come già anticipato, l’altro personaggio fortemente legato alla storia del Bloody Mary è George Jessel. Raccontiamo quindi la sua versione dei fatti.
George Jessel è stato un attore, cantante e intrattenitore americano, conosciuto sotto il nome di “Toastmaster General of the United States”, per il suo ruolo come Maestro di Cerimonia nelle riunioni politiche e di intrattenimento.
Nato il 3 aprile del 1898 nel quartiere di Harlem a New York da una famiglia di origine ebrea, iniziò subito dopo la morte del padre a lavorare a Broadway, entrando così negli anni nel mondo dello spettacolo.
George Jessel nella sua autobiografia dal titolo The World I lived In! del 1975 racconta di aver creato il mix tra vodka e succo di pomodoro nel lontano 1927 a Palm Beach.
Jessel racconta di aver richiesto al bartender di miscelare del succo di pomodoro, salsa worchester e limone alla vodka per coprirne il terribile sapore e che il nome Bloody Mary è stato dato da una ragazza di nome Mary, presente con loro durante la creazione del drink, che si era versata la miscela sul vestito.
Se sei curioso, e vuoi cogliere altri dettagli, ti lascio qua sotto le parole tratte del libro in lingua originale, altrimenti scorri un po’ più in giù e continua la lettura.
“In 1927, I was living in Palm Beach, or on a short visit, I don’t remember which, where nearly every year I captained a softball team for a game against the elite of Palm Beach such as the Woolworth Donohues, the Al Vanderbilts, the Reeves, and their ilk. My team was made up of rag-tag New York cafe society. Because I had been around Broadway and baseball characters, I managed to slip in a ringer now and again. We generally won.
“Following the game myself, and a guy named Elliott Sperver, a Philadelphia playboy, went to La Maze’s and started swilling champagne. We were still going strong at 8:00am the next morning. I had a 9:30 volleyball date with Al Vanderbilt. I was feeling no pain at all. We tried everything to kill our hangovers and sober up. Then Charlie, the bartender, enjoying our plight, reached behind the bar.
“‘Here, Georgie, try this,’ he said, holding up a dusty bottle I had never seen before. ‘They call it vodkee. We’ve had it for six years and nobody has ever asked for it….’
“I looked at it, sniffed it. It was pretty pungent and smelled like rotten potatoes. ‘Hell, what have we got to lose? Get me some Worcestershire sauce, some tomato juice, and lemon; that ought to kill the smell,’ I commanded Charlie. I also remembered that Constance Talmadge, destined to be my future sister-in-law, always used to drink something with tomatoes in it to clear her head the next morning and it always worked – at least for her.
“‘We’ve tried everything else, boys, we might as well try this,’ I said as I started mixing the ingredients in a large glass. After we had taken a few quaffs, we all started to feel a little better. The mixture seemed to knock out the butterflies.
“Just at that moment, Mary Brown Warburton walked in. A member of the Philadelphia branch of the Wanamaker department store family, she liked to be around show business people and later had a fling with Ted Healey, the comic. She had obviously been out all night because she was still dressed in a beautiful white evening dress. ‘Here, Mary, take a taste of this and see what you think of it.’ Just as she did, she spilled some down the front of her white evening gown, took one look at the mess, and laughed, ‘Now, you can call me Bloody Mary, George!’
“From that day to this, the concoction I put together at La Maze’s has remained a Bloody Mary with very few variations. Charlie pushed it every morning when “the gang” was under the weather.’’
A dar conferma della avvenuta creazione da parte di George Jessel ci sono alcune fonti.
Una è senza dubbio il testo di Charlie Conolly dal nome di The World Famous Cotton Club: 1939 Book of Mixed Drinks in cui si ha la possibilità di trovare al suo interno la seguente ricetta :
George Jessel’s Pick-Me-Up
2 ounces Vodka
6 ounces Tomato juice
2 dashes Tabasco Pepper Sauce
Juice of ½ Lemon
Shake together with ice and pour into a tall glass.
Come inoltre successivi articoli di giornali americani :
1939 – 2 December, New York (NY) Herald Tribune, “This New York” by Lucius Beebe
George Jessel’s newest pick-me-up which is receiving attention from the town’s paragraphers is called a Bloody Mary: half tomato juice, half vodka.
1940 – 27 July, New York (NY) Herald Tribune, “Personal Preferences of Personages” by Lucius Beebe
George Jessel thrives on an arrangement of half vodka and half tomato juice, known as a Bloody Mary.
Le cose si potrebbero però complicare…
Secondo Scialom il Bloody Mary è stato inventato da Vladimir.
Come se non bastasse, a complicare la situazione ci si mette anche Scialom.
Per chi non lo sapesse, Scialom è stato un importante bartender, legato alla miscelazione tiki e inventore del Suffering Bastard.
Secondo Joseph Scialom, come afferma un articolo del 1980 pubblicato su un giornale americano, il Bloody Mary è una creazione di un certo Vladimir, proprietario di un locale che durante il periodo del proibizionismo serviva il Vladimir’s Special, un mix di succo di pomodoro e vodka che ben presto è diventato quello che oggi conosciamo.
Qua sotto lo stralcio originale in lingua:
1980 – 22 November – Rutland Daily Herald
Save The Bloody Mary By Mimi Sheraton – Times News Service
“Further intelligence came from Joseph Scialom, a native of Venice who retired to Fort Lauderdale, Fla., after having spent many years as the head bartender at Shepheard’s Hotel in Cairo, and as the maitre d’hotel at the Four Seasons and Windows on the World. An acknowledged authority on all matters pertaining to the operation of bars, Scialom said, “Everyone thinks Petiot invented the Bloody Mary. Actually, the true name is Bloody Meyer and the inventer was Vladimir.” Who was Meyer? Who was Vladimir?
“Vladimir had a small bar on First Avenue in New York during Prohibition,” Scialom said, “and he made up this drink that he called Vladimir’s Special, probably as a way to disguise the vodka in the tomato juice.
Well, you know how Americans like to play around with the sound of words. Pretty soon, ‘Vladimir’ became ‘Bloody Meyer’ and from that came Bloody Mary. Maybe Petiot’s invention was a coincidence but Vladimir’s was first.”
Questa supposizione potrebbe essere valida, se si pensa al proibizionismo e alle tante ingegnosità che un venditore abusivo di alcool faceva per commercializzare.
Tuttavia non vi so dire quanto sia attendibile quanto riportato da Scialom perché, a parte questa intervista, non ci sono altre fonti a supporto.
Chi ha inventato il Bloody Mary? Petiot o Jessel?
A parte la parentesi Scialom e Vladimir, torniamo a concentrarci sui nostri due protagonisti.
Nel 1956 George Jessel comparirà in diverse riviste, come ad esempio LIFE e GQ – Gentlemen’s Quarterly con una foto pubblicitaria della Vodka Smirnoff, con una interessante affermazione.
1956 – 12 March, LIFE
“I, GEORGE JESSEL, INVENTED THE BLOODY MARY” “I think I invented The Bloody Mary, Red Snapper, Tomato Pickup or Morning Glory,” reports George Jessel. “It happened on a Night before a Day and I felt I should take some good, nourishing tomato juice, but what I really wanted was some of your good Smirnoff Vodka. So I mixed them together, the juice for body and the vodka for spirit, and if I wasn’t the first ever, I was the happiest ever.”
“Io George Jessel … Penso di aver inventato il Bloody Mary, Red Snapper, Tomato Pickup o Morning Glory”
Un’intervista come tante altre, Jessel aveva già detto di aver inventato questo drink. Tuttavia, anni dopo questa intervista, succede qualcosa, un colpo di scena degno delle migliori serie tv.
A distanza di 9 anni dall’intervista di George Jessel, Fernand Petiot usci con un interessante affermazione in una propria intervista sulla rivista The New Yorker del 1964.
“Ho iniziato io il Bloody Mary di oggi”, ci ha detto. “George Jessel ha detto di averlo creato lui, ma in realtà non era altro che vodka e succo di pomodoro”
1964 – 18 July, The New Yorker, “The Talk of the Town: Barman (M. Ferdinand Petiot) pp. 19-20: Petiot came to the St. Regis from the Savoy in London. Pg. 20, col. 1:
“I initiated the Bloody Mary of today,” he told us. “George Jessel said he created it, but it was really nothing but vodka and tomato juice when I took it over. I cover the bottom of the shaker with four large dashes of salt, two dashes of black pepper, two dashes of cayenne pepper, and a layer of Worcestershire sauce; I then add a dash of lemon juice and some cracked ice, put in two ounces of vodka and two ounces of thick tomato juice, shake, strain, and pour. We serve a hundred to a hundred and fifty Bloody Marys a day here in the King Cole Room and in the other restaurants and the banquet rooms.”
Questo è un passaggio veramente importante della nostra storia: Petiot afferma che Jessel ha miscelato prima di lui la vodka con il succo di pomodoro, ma che sia stato lui invece a rendere quel drink ciò che è oggi.
Jessel però aveva dichiarato di aver usato la worchester e gli altri ingredienti fin da subito.
Dove sta la verità? Forse non lo sapremo mai, ma non è neanche così importante.
Ciò che di questa intervista è veramente importante è il fatto che Petiot abbia riconosciuto in Jessel il primo ad aver miscelato vodka e succo di pomodoro.
Attenzione però: questo non implica il fatto che Jessel sia l’inventore del drink, infatti sorge spontanea una domanda: prima di Jessel e Petiot, il pomodoro era già stato utilizzato in miscelazione? Se si, come?
Il pomodoro era usato solo nel Bloody Mary?
Finora abbiamo capito che la storia del Bloody Mary, o comunque quella che abbiamo potuto ricostruire ad oggi, è fortemente legata a Fernand Petiot e George Jessel.
A questo punto però sorgono spontanee due domande.
La prima: in quel periodo, il pomodoro era utilizzato solo nel Bloody Mary?
La seconda: il pomodoro era già stato utilizzato in miscelazione prima del Bloody Mary?
Mi sono fatto queste domande perché se dovessimo identificare l’ingrediente più importante di questo drink, questo sarebbe sicuramente il pomodoro.
Capire se questo ingrediente era già diffuso e utilizzato quando, presumibilmente, il Bloody Mary è stato miscelato per la prima volta è molto importante. Le ricette, senza il contesto, ci fanno capire poco e possiamo giungere a conclusioni sbagliate.
Per cominciare rispondiamo prima alla seconda domanda ovvero se il pomodoro fosse già utilizzato in miscelazione prima del Bloody Mary.
La risposta è si, era già utilizzato.
La prima traccia storica scritta risale a più di 30 anni prima della presunta nascita del Bloody Mary.
La cosa curiosa è che era già stato miscelato con degli ingredienti che conosciamo molto bene!
Pomodoro, aceto, succo di limone, tabasco, sale e pepe sono stati precedentemente utilizzati nell’Oyster Cocktail, miscela che appare per la prima volta nel 1895.
1895 – Modern American Drinks by George J. Kappeler
Oyster Cocktail
A few dashes lemon-juice in a tumbler, add a dash of Tabasco sauce, a teaspoonful of vinegar, a few dashes tomato catchup, six Blue Point oysters, with all their liquor; season to taste with pepper and salt. Mix and serve with spoon in the glass.
Limone, pomodoro, tabasco, aceto, pomodoro…una mix molto simile alla base analcolica del Bloody Mary. Mix ancora più simile se consideri che la Worchester non è altro che una salsa a base aceto e acciughe, quindi concettualmente molto vicina al mix aceto-ostriche presente nell’Oyster cocktail.
Quello che manca è la parte alcolica, che tuttavia, all’interno di questo drink, apparirà in seguito.
Nel libro Two Hundred Selected Drinks di Knut W. Sundin, pubblicato nel 1930, troviamo due versioni dell’Oyster Cocktail, entrambe con la presenza di un prodotto alcolico, ma non Vodka. Nella versione Prairie scompaiono le ostriche.
Prairie Oyster Cocktail.
Fill a shaker half full of broken ice and add:
2 teaspoonful of Worcester sauce
2 teaspoonful of Brandy
1 teaspoonful of Vinegar
1 teaspoonful of Tomato Ketchup.
Shake well, strain into a large cocktail glass and add red pepper, fill up with sherry wine and serve with a teaspoon.
Oyster Cocktail.
Take a portwine glass and add:
2 teaspoonful of Tomato Ketchup
2 cleaned oysters
Fill up with dry Sherry wine, add half a slice of a lemon, serve with a teaspoon.
Il fatto che 30 anni prima fosse stato miscelato un drink con la parte analcolica praticamente uguale al Bloody Mary non vuol dire automaticamente che i nostri due protagonisti si siano ispirati all’Oyster cocktail.
In questo caso però questo dubbio che sicuramente avrai avuto anche tu leggendo questo articolo è stato confermato dallo stesso Petiot nel 1959: Petiot si è ispirato al Prairie Oyster.
1959 – “GQ – Gentlemen’s Quarterly” – October
The most formidable of all vodka concoctions is the Bloody Mary. The inventor is a fifty-eight-year old Frenchman, Ferdinant Petiot, who during the 1920’g tended a bar at “Harry’s New York’ in Paris. After Prohibition was repealed, M. Petiot was summoned to New York in 1933 to set up the bars in the St. Regis Hotel and train a staff of barmen. In 1934, Prince Serge Obolensky was made managing director of the hotel and he, naturally, installed a supply of vodka; in fact, the first shipment of American vodka went to the St. Regis.
Petiot says that the Bloody Mary is derived from the Prairie Oyster, a famous Prohibition hangover remedy.
This was made with sherry, Worcestershire sauce, tomato juice, red pepper, and the yolk of an egg. One morning, Prince Obolensky came into the King Cole Room of the St. Regis. He asked Petiot to make him a morning-after stimulant with vodka. Petiot experimented with one combination after another until he hit upon the recipe.
La dichiarazione di Petiot di essersi ispirato al Prairie Oyster non mi è chiaramente bastata e sono quindi andato a ricercare in giornali dell’epoca se fossero presenti della tracce di miscele di pomodoro e un qualche prodotto alcolico o, più in generale, se il succo di pomodoro fosse consumato come bevanda.
Ho ricercato nei testi degli anni ’20, per rispondere quindi alla nostra prima domanda: il pomodoro era usato solo nel Bloody Mary in quegli anni?
La risposta, abbastanza scontata, è no. Come è facile immaginare il succo pomodoro era consumato anche come drink a se stante oppure miscelato con altri ingredienti.
Innanzitutto un interessante aneddoto del 1917 ci testimonia il suo primo utilizzo al French Lick Springs Hotel di Orange County, nell’Indiana.
In 1917, Donald Ross — a well-known golf architect — was hired to design and build the French Lick Springs Golf Course two miles southwest of French Lick Springs Hotel. The locals referred to it as “The Hill Course.” Completed in three years, Ross’s course consisted of unconventional bunkers and steep curves. Also in 1917 while the Ross Course was under construction, world-famous chef Louis Perrin created the first tomato juice as a drink after he ran out of oranges one morning at the resort and could not serve the traditional orange juice.
Nel 1929 troviamo invece questa traccia che tra l’altro questa è una delle prime menzioni del succo di pomodoro miscelato con del gin.
1929 – 19 January – Rochester Evening Journal and the Post Express
“A popular cocktail diversion of the moment is composed of equal parts tomato juice and gin. The juice of the tomato is reputed to frustrate next morning’s parade of “the Brooklyn boys” over the transom. Broadway seizes upon any panacea for the day after throb with a fervor. A few months ago it was kraut juice.”
Per i più curiosi: The Brooklyn Boys è un termine gergale (slang), coniato verso la fine del XIX secolo, per identificare il delirium tremens, cioè ”uno stato confusionale di rapida insorgenza che di solito è causato dall’astinenza da alcool in soggetti affetti da alcolismo cronico”.
Un’altra fonte è invece datata 1928.
1928 – 26 July – The Toledo News-Bee
“Tomato Juice contains vitamins essential to the body and hence it is an exceptionally good drink”. he added.
He said it now fashionable to serve “tomato juice cocktails” – non-alcoholic.
“Non-alcoholic cordials are big sellers, but in many cases people add alcohol to these beverages and make them up into concoctions that defy the law” Sales said.
Sempre nel 1928 vediamo apparire anche il Tomato Juice Cocktail citato in diversi giornali americani sopratutto per il succo di pomodoro utile come alimento per i bambini e, successivamente, nei ricettari dell’epoca.
1928 – 25 May – Milford Chronicle.
Tomato Juice Cocktail
Strain the contents of a No.3 can of tomatoes (16 ounce of strained juice),
one teaspoon salt
one and one-half teaspoons malt vinegar,
one and one-half teaspoon lemon juice,
two-fifths teaspoon Worcestershire sauce and
six drops of tabasco sauce.
Shake, or mix thoroughly and serve ice cold. This recipe will serve eight persons.
1928 – 16 November – Milford Chronicle.
“Tomato juice for babies is mentioned thus by Dr. A. F. Hess of Columbia University: “Canned tomatoes is the most serviceable antiscorbutic for artificially fed infants. It is well borne, inexpensive and available. From the nutritional standpoint it may be regarded as a palatable solution of the three vitamins and should be fed to such infants at the rate of 30 grams per day.”
1929 – Here’s How Again! by Judge Jr.,
The Tomato Cocktail (Non-alcoholic)
This very simple concoction is guaranteed to pick you up no matter how low you have fallen. Take a can of tomato soup and place in a shaker full of ice. Add a few dashes of Worcestershire Sauce and shake well.”
Ora che siete arrivati a questo punto, alla luce anche di queste informazioni, è ora di mettere un punto a tutta questa storia.
Se ci limitiamo a valutare le versioni di Petiot e Jessel, sulla base dei documenti e informazioni disponibili legate a questi due personaggi, è impossibile affermare con certezza chi tra i due sia stato il primo a miscelare il Bloody Mary.
Sicuramente il tempo ci darà nuove informazioni e probabilmente potremo capire meglio il loro ruolo in questa storia.
Sono certo che il loro coinvolgimento con il drink si potrebbe riassumere sostanzialmente nell’ultima intervista di Fernand Petiot del 1964: ”Ho iniziato io il Bloody Mary di oggi. George Jessel ha detto di averlo creato lui, ma in realtà non era altro che vodka e succo di pomodoro”.
Tenute però in considerazione le tracce (parzialmente) riportate in questo articolo, che ci fanno capire il contesto e le bevande che andavano all’epoca, la visione cambia molto.
Sono sempre più convinto che il Bloody Mary si sia evoluto a partire dall’introduzione del succo di pomodoro nel mercato del beverage e con il tempo si è arrivati alla ricetta attuale.
Un periodo storico in cui la prerogativa era quella di abbattere il consumo dell’alcol, un prodotto consigliato per le sue proprietà nutrizionali e che allo stesso tempo era ottimo elemento per nascondere l’utilizzo dell’alcol, la successiva fine del proibizionismo e l’incontro con l’estro dei barman, hanno portato nel tempo alla realizzazione della ricetta di oggi.
Il succo di pomodoro fu sicuramente una nuova opportunità per i barman di creare nuove bevande miscelate.
La storia del Bloody Mary potrebbe finire qui, ma ho deciso di approfondire ulteriormente. Nel prossimo articolo ti racconterò del pomodoro e del Bloody Mary in Italia.
L’arrivo del Bloody Mary in Italia
Finora abbiamo documentato l’evoluzione del Bloody Mary negli Stati Uniti, ma non sappiamo ancora nulla di che cosa sia successo in Italia.
L’Italia è sempre stata attenta alle nuove mode oltre oceano, ne abbiamo già testimonianze (parlando nel mondo del bartending) già intorno alla fine del XIX secolo con romanzi o testi pubblicati da scrittori/turisti del Nuovo Mondo.
E così succede anche dal 1932 quando in alcune riviste italiane viene citato l’utilizzo del pomodoro come una nuova bevanda e non come alimento.
Vi riporto qua sotto alcuni stralci tratti da queste riviste che, da storico, vi consiglio di leggere perché ci fanno capire come un ingrediente per noi oggi scontato era all’epoca un elemento di novità.
1932 – Gennaio – Anno XXVIII – Fasc. 627 – La Rivista Agricola
Norme pratiche per la coltivazione e raccolta del pomodoro da esportare.
“Praticamente, adunque, le vitamine, nel cui abbondante contenuto consistono particolarmente le qualità igieniche del pomodoro, erano note fin dal tempo degli aztechi; in Italia si mangiava il pomodoro in tutte le guise prima che venissero i professori a spiegare le virtù; il “pomme d’amour”, come si designava nei primi tempi in Francia questa succolenta ortaglia, divenne il “ pomo d’oro “ per gli orticoltori d’Italia che ne ricavano proventi cospieni e “u sugo de pommarola”, oggi aristocraticamente designato come “Tomato cocktail”; è una novità colla barba più lunga di quella del gran patriarca Mosè.”
1932 – Febbraio – Anno VII – Fascicolo II – L’Organizzazione Scientifica del Lavoro
Produzione e standardizzazione del succo di pomodoro negli Stati Uniti.
“Il succo naturale di pomodoro ha recentemente allargato in America il successo, poichè viene adoperato come cocktail e al posto della zuppa calda, come bibita rinfrescante. Date le grandi possibilità di consumo di questo prodotto, chiamato Tomato Juice, i fabbricanti seguono con cura i processi relativi alla fabbricazione mirando a produrlo con caratteristiche standard ed esente da speciali odori…”
Oltre a questo riviste tecniche, è interessante notare come nel giro di pochi anni l’interesse per questo nuovo prodotto crescerà da parte di una storica e nota azienda italiana, la Cirio, azienda piemontese fondata nel lontano 1836 da Francesco Cirio.
Le pubblicità dell’epoca della Cirio sono diventate oggi importanti tracce storiche per capire l’arrivo e l’evoluzione, in Italia, delle bevande miscelate con il succo di pomodoro.
1936 – Opuscolo pubblicitario della Cirio “Il pomodoro si beve“
Un bicchiere di pomodoro ghiacciato
”Ma proprio davvero? Il succo di pomodoro si può bere?
Tale e quale come si può bere il succo del limone, dell’arancio, dell’uva. Con la sola differenza che all’aranciata, alla limonata siamo avvezzi per tradizione, mentre al pomodoro pensiamo, noi italiani, come a un condimento delizioso, o ad un’ottima insalata cruda, o magari a una salsa saporitissima, da mangiarsi a sè, con un cantuccio di pane; ma mai come a una bevanda.
Qui da noi, nemmeno il palato più arso, nell’estate più torrida, desidera «una buona bevuta» di pomodoro ghiacciato, in momenti nei quali darebbe chi sa che cosa per un sorso di succo di limone o d’arancio stemperato nell’acqua.
Abbiamo torto. Gli americani, che si bevono ogni anno decine di milioni di litri di pomodoro, i popoli nordici presso i quali di pomodoro come una gradevolissima bevanda rinfrescante.
In America lo si considera un aperitivo insuperabile; c’è chi vi aggiunge un pizzico di sale e qualche goccia di limone; c’è chi, oltre al sale, ci mette un bicchierino d’un vino bianco dolce e molto alcoolico, Malaga, Xeres, Marsala, Porto; c’è chi arriva – e questo risponde forse meno al nostro gusto – fino a un preparato con qualche goccia di Worcester Sauce. Comunque, prevale sempre la componente « pomodoro »: e proprio nella sua forma biologicamente più simile al frutto maturo, quella del « Succo ».
Oggi in Italia l’abitudine è ancora di pochi, di pochissimi. Ma non passerà molto e sul banco d’ogni bar che si rispetti, accanto allo spremiaranci o alle bottiglie dei succhi d’agrumi già preparati con acque minerali, si troverà la piccola elegante ghiacciaia da cui i barattoli di succo di pomodoro saranno tolti di continuo, per andare ad arrubinare il cristallo dei bicchieri posati in fila uno accanto all’altro.”
1936 – Pubblicità dell’ azienda Cirio
”Assai graditi sono i così detti cocktails di pomidoro che rappresentano delle bevande sane, toniche, aperitive, assai piacevoli al gusto.
Ecco le formule dei cocktails più graditi per dosi di circa un decimo di litro di succo di pomidoro
ABC da servirsi molto freddi, ripassati con ghiaccio nei soliti shakers:
1° – Un pizzico di sale e mezzo bicchiere di marsala.
2° – Un pizzico di sale, poche gocce di elixir di china o di fernet come tonico ed aperitivo insuperabile.
Domandate sempre il succo di pomidoro ABC”
Anche il Bloody Mary non tarderà ad arrivare e anche questo drink fu un elemento di novità.
Di questo cocktail troviamo traccia non solo nei soliti articoli di giornale ma anche nei ricettari dell’epoca.
1953 – 21 Giugno – La Nuova Stampa
”Scendono dal vagone letto Errol Flynn, la moglie e il cane. Prima di sedersi a tavola esamina con molta attenzione i “piatti” allineati sul banco (“Ha visto con che occhi ha guardato l’arrosto?”, fa osservare un galoppino del produttore) e beve un aperitivo composto di pomodoro, vodka e pepe. Tenta di farlo bere alla moglie ma è invano”.
1957 – 29 – 30 Novembre – Stampa Sera
Lo sciupìo della vita
Janet adesso stava a New York, con un padre bello, ricco, ma alcoolizzato e la madre bella e giovane, ma malata in una casa di salute. Couriney era a Hollywood, da sua madre. Questa madre, Sandra Farrel, attrice fallita, già due volte divorziata, carica di debiti, cercava di consolarsi e di illudersi con abbondanti libagioni di Bloody Mary, cocktail particolarmente incendiari. Di questi cocktails se ne trovano dappertutto nel piccolo appartamento e a qualunque ora, di notte, di giorno, bicchieri pieni e vuoti, in camera, nel bagno, in salotto.
1961 – 11 Agosto – Stampa Sera
A Sestri Levante per Ferragosto i villeggianti dormono nelle barche
… sul pontone ancorato in baia, dinanzi ai “night club” si consumano “cocktails” (250 lire) “Bloody Mary” con succo di pomodoro sale e pepe.
Nel 1963 invece, Paolo Monelli, presenterà il Bloody Mary come un rimedio post-sbronza.
Per chi non lo conoscesse, Paolo Monelli (1891 – 1984) è stato un giornalista e scrittore italiano che ha pubblicato diversi libri nella sua carriera professionale, tra cui “O.P., ossia, Il vero bevitore’’ itinerario gastronomico ed enologico di cui non farà a meno di scrivere di bevande miscelate come il nostro Negroni.
Monelli scrisse inoltre diversi articoli di giornale su argomenti inerenti al mondo del bar e di manifestazioni dell’Aibes.
1963 – O.P., ossia, Il vero bevitore di Paolo Monelli
[….]Se domattina al risveglio si sentirà la testa greve e la bocca impastata, quella sensazione sgradevole che gli americani chiamano hangover e il Redi spranghetta, poco male; un po’ di bicarbonato nell’acqua di seltz, un bel bicchierone di grappa a digiuno, un Bloody Mary e il malessere passerà. I vecchi che bevono vino hanno uno stomaco di struzzo.
[….]Ecco la ricetta del Bloody Mary, letteralmente « sanguinaria Maria », come l’ho imparata l’anno 1956 da Mr. Frank Snowden, addetto culturale presso l’ambasciata degli Stati Uniti d’America. Si mette in un bicchiere di un quarto di litro due terzi di sugo di pomodoro, un cucchiaio di salsa di Worcester, una buona porzione di wodka, e si cosparge il tutto di pepe nero; e lo si manda giù, chi può, tutto d’un fiato. Il Bloody Mary appartiene alla categoria dei pick-ups, dei tirasù, quelli che si bevono la mattina dopo la sbronza; ma mi ha affermato Mr. Snowden che essa è anche ottima bevanda preventiva, della classe di cui ho detto alla fine del capitolo quarto; cioè tale che bevuta prima del simposio giova a conservare a lungo immune lo stomaco ed intatta la mente dai fumi del vino.
Questo parte del libro sarà presente in un articolo sempre scritto da Paolo Monelli nel marzo del 1964 nel giornale “La Stampa” – “Preparare buoni Cocktails è una scienza che non si può lasciare ai dilettanti.’’
Sempre nel 1963, sul manuale per barman di Veronelli, appare la ricetta del Bloody Mary.
1963 – I Cocktails di Luigi Veronelli
Bloody Mary
1 bicchiere e 1/3 da cocktail di succo di pomodoro
2/3 di bicchiere da cocktail di vodka
1 cucchiaino di succo di limone spremuto dalla sola polpa
un pizzico di sale e di pepe
1 spruzzo di Worcestershire sauce ghiaccio a cubetti
Riempire lo shaker fino a 1/3 della sua altezza con ghiaccio. Aggiungere il succo di pomodoro, la vodka, il succo di limone, la Worcestershire sauce, il sale e il pepe. Chiudere lo shaker, agitarlo vigorosamente, farlo riposare un secondo, riprendere infine ad agitare ma lentamente. Servire subito in tumblers piccoli.
1963 – 1 Dicembre – Rivista “Epoca”
Pubblicità della vodka Smirnoff
“Ha conquistato l’America. Chiedete al Bar le bevande che oggi, in America, sono di gran moda: Uno “Screwdriver” (Cacciavite): succo d’arancio e Vodka Smirnoff o un “Bloody Mary”: succo di pomodoro e Vodka Smirnoff. Smirnoff non altera i sapori e rende digeribili e dissetanti le bevande.”
Un’ultima curiosità.
Nel 1965 dall’idea di seguire il successo dei grandi film dell’agente 007, verrà prodotto, in Italia, Agente 007 missione Bloody Mary girato tra Italia, Francia e Spagna.
Con questa curiosità si conclude il nostro viaggio alla scoperta della Storia del Bloody Mary.
Come già scritto nel terzo articolo, credo che il Bloody Mary non sia stato inventato tout-court da Petiot o da Jessel, quanto sia sia evoluto a seguito dell’introduzione del succo di pomodoro come bevanda.
Buona Miscelazione,
Lucio
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