Tu vuoi fare l’influencer?

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Una candela accesa a forma di mezzobusto di ragazza bionda con occhi azzurri. La candela si sta sciogliendo su un tavolo con tovaglia bianca.

Lo so, di questi tempi, la domanda suona pretestuosa.

Parlare di influencer in questo momento vuol dire sparare sulle ambulanze, ma voglio provare ad offrirti una prospettiva diversa.

La parola influencer spiega molto bene il fine di quella che oggi è, a tutti gli effetti, una professione: persuadere, influenzare, spostare l’opinione di qualcuno in una certa direzione.

Al netto dell’accezione negativa che oggi evoca questo termine, soprattutto per le recenti vicende di cronaca che hanno colpito l’esponente di punta di questa nicchia, in realtà, nasconde molto di più di un concentrato di frivolezza, bramosia di denaro e superficialità.

Hai presente i supereroi?

Sono esseri, più o meno umani, dotati di uno o più poteri che travalicano i confini della normalità.

Come Marvel insegna, il superpotere può essere usato per fare del bene, ma può essere usato anche per lo scopo contrario.

Il punto quindi – lo so è un paradosso il mio – non è tanto piegare un cannone di acciaio con le mani, ma piuttosto, individuare la finalità di quel gesto.

Gli influencer sono più o meno la stessa cosa dei supereroi della Marvel: un manipolo di esseri, più o meno umani, con un superpotere, quello di spingere gruppi di persone che hanno in comune qualcosa tra di loro a compiere determinate azioni o a pensare in un certo modo.

Molto spesso è difficile spiegarsi come abbiano acquisito un tale potere, ma questa è un’altra storia.

Ora, come ha fatto un ex-presidente a spingere un gruppo di manifestanti ad assaltare il parlamento degli Stati Uniti D’America?

Potremmo parlarne per ore, ma l’aspetto su cui ti chiedo di concentrati è l’uso della persuasione finalizzato ad uno scopo violento. In questo caso specifico, attraverso un uso altrettanto aggressivo della comunicazione sui canali social.

Uso questo esempio per mettere in luce un concetto essenziale: l’influencer può essere anche altro, rispetto ad un personaggio che su Instagram spinge i suoi follower ad acquistare qualcosa, facendo leva sul loro desiderio di aderire al modello aspirazionale che propone.

Questo è esattamente il lavoro dell’influencer medio, dai Ferragnez in giù.

La relazione tra questo tipo di influencer ed i suoi follower si caratterizza essenzialmente per tre elementi principali:

  1. La comunicazione è soltanto dall’alto al basso. Non c’è una vera interazione tra le parti. Lui parla e chi lo segue può concretamente solo ascoltare ed interagire in modo estremamente limitato.
  2. Il tipo di rapporto che unisce l’influencer ed i follower è a tutti gli effetti un rapporto tra un brand ed i suoi clienti reali e potenziali.
  3. Tutti i valori di cui l’influencer si fa portatore sono funzionali alla costruzione e alla vendita del suo brand in maniera diretta, quando è lui a vendere qualcosa, o indiretta, quando lui viene pagato da altre aziende per vendere qualcosa ai suoi follower.

A questo punto, ora che abbiamo tratteggiato a grandissime linee lo stereotipo dell’influencer da social network, voglio chiederti questa cosa.

Tu vuoi fare l’influencer?

In tutta sincerità, se la tua risposta fosse sì, non ci vedrei nulla di male. Se scansiamo i pregiudizi e riconduciamo tutto all’essenza della questione, in fondo si tratta sempre di commercio, no?

Si parla di qualcuno che vuole vendere qualcosa a qualcun altro. Può essere un bene o un servizio, ma, come abbiamo visto, può essere anche un’idea.

Arrivati a questo punto, vuoi sapere qual è il vero tema di tutta questa faccenda?

L’etica, ovvero l’insieme di scelte che definiscono quali valori ci guidano come individui e come imprese sul Pianeta.

Dove non c’è etica, non può esserci umanità e dove non c’è umanità non c’è rispetto per le persone e quindi nemmeno per i clienti.

A discapito del modo in cui molte aziende agiscono ancora oggi, nessuno può permettersi di fare impresa, intesa in tutte le sue declinazioni possibili, senza porre l’etica al centro di tutto.

Il rischio?

Quello di essere inghiottiti dalla stessa onda, che un attimo prima ti aveva portato in alto.

Pensati etico,
Pierpaolo

Autore

  • Pierpaolo Maggio

    Amo approfondire le cose. Ho una laurea in Giurisprudenza, una in Scienze dei Beni Culturali ed un Executive in Marketing alla Bocconi di Milano. Sono specializzato nel supportare la crescita di nuovi business: lo chiamano Growth Hacking e lo faccio per Vargros dal 2016. Nel 2020 sono entrato anche nel team di Giovanni Ceccarelli e di Drink Factory.

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