Diventare un Brand preparando drink

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diventare un brand preparando drink

Se bastasse fare ottimi drink per diventare un brand, la tv sarebbe piena di bartender.

Grazie al mio lavoro in Vargros, storico distributore di alcolici di Milano, ho avuto la fortuna di conoscere tantissimi eccellenti professionisti della miscelazione e, ogni tanto, anche qualche fuoriclasse assoluto.

Negli anni ho capito che nel 100% dei casi, la differenza tra i primi ed i secondi, non stava quasi mai nella pura abilità tecnica nella preparazione di un cocktail o nella conoscenza delle materie prime, ma si nascondeva altrove.

Prima di proseguire però, devo specificare cosa intendo per fuoriclasse.

Per quanto mi riguarda, i fuoriclasse, sono coloro che, semplicemente lavorando, quindi miscelando nei locali in giro per l’Italia o all’estero, sono riusciti a farsi conoscere, ed apprezzare, dalla gran parte dei colleghi ed operatori del mondo degli spirits. [Faccio un breve inciso a scanso di equivoci: sto dando per scontato che un fuoriclasse, sia un fuoriclasse anche nel bar in cui lavora, con i propri clienti.]

Di solito, queste figure, sono anche le stesse che le aziende di beverage coinvolgono come prime scelte in tutti i loro progetti, perché ovviamente sono in grado di influenzare più facilmente le scelte di acquisto nel mercato a cui si rivolgono.

Ma come hanno fatto questi fuoriclasse prima del boom dei social, della crescita delle fiere di settore nazionali, del proliferare dei corsi di formazione e di tutto il resto a diventare veri e propri brand?

Attenzione. Se stai pensando che sia un’esagerazione parlare di brand in relazione a loro, ti spiego perché non è così.

Molti hanno scritto libri, creato linee di tools professionali, firmato prodotti, aperture di locali in tutto il mondo, rilasciato interviste sui maggiori quotidiani nazionali, partecipato a programmi televisivi, fatto consulenze per multinazionali anche di altri settori, creato aziende di livello mondiale… Potrei andare ancora avanti, ma credo che il concetto sia chiaro.

Per molti aspetti, il loro percorso è paragonabile a quello compiuto da tanti eccellenti cuochi nel mondo della cucina, che hanno messo la toque blanche per diventare chef e personaggi pubblici con attività ed interessi in molti settori dell’ospitalità.

Ma torniamo al cuore del discorso, sicuramente più interessante per i bartender che aspirano a crescere nei prossimi anni.

Il segreto di questi professionisti, baciati da Jerry Thomas o da qualche altro dio della Mixology, che li ha portati a diventare punti di riferimento per colleghi e Spirits Brands, è senza dubbio l’innata capacità di osare.

Questa attitudine li ha spinti a creare nuove metodologie di lavoro ed a realizzare drink infrangendo standard, che si tramandavano dogmaticamente da precedenti generazioni di bartender.

Questa capacità di vedere (e fare) le cose in un modo nuovo è diventato il loro marchio di fabbrica. Io non farò neanche un nome tra quelli che ho in mente in questo momento, ma sono sicuro che tra quelli a cui stai pensando, ne abbiamo molti in comune.

Ora, se hai la sacrosanta ambizione di diventare uno di loro, ti rispondo parafrasando le mitiche parole di Tyler Darden, in uno dei film più iconici della mia generazione “Fight Club”: “Infilarti le piume nel culo, non farà di te una gallina”.

Cerco di spiegarmi meglio, non è attraverso l’imitazione del loro percorso di ricerca che riuscirai a raggiungere i loro stessi risultati.

A proposito di percorso, se ti interessa ho scritto anche un articolo su Come scrivere al meglio il Curriculum, se può aiutarti.

Il trucco non è provare a diventare loro, ma piuttosto provare a diventare la versione migliore di te stesso, trovando la tua strada senza preoccuparti di quello che diranno gli altri, mentre lo stai facendo. In fondo, quando uno fa le cose in modo diverso, la prima reazione di chi è intorno è richiamarlo alla consuetudine, no?

Come riuscire a diventare un brand è molto più facile da scrivere (o da leggere) che da mettere in pratica.

Circa 200 anni fa, Leopardi usò l’espressione “studio matto e disperatissimo” per descrivere il suo periodo di 7 anni passati ossessivamente a studiare nella biblioteca del padre. Si era fatto un culo enorme. Incessantemente. Tutto qui.

Se lui non ti basta come esempio, pensa a Kobe Bryant che, al termine di ogni stagione, passava i mesi che lo separavano dall’inizio della nuova a riguardarsi tutte le sue partite, per capire come poteva migliorare il suo gioco nel campionato successivo.

Non c’è altro segreto, trucco o magia da social che possa sostituire questa verità assoluta, che vale davvero per tutti. Nessun talento se non accompagnato da uno studio costante può fare il salto di qualità a cui aspira. Nella stragrande maggioranza dei casi, i fuoriclasse sono semplicemente professionisti ossessionati dal lavoro che amano.

Il talento è un boost, ma è il duro lavoro ad aver portato anche persone che ne possedevano poco a raggiungere traguardi leggendari.

Alcuni bartender, già conosciuti a livello internazionale, mi hanno raccontato di passare intere giornate nei mercati alla ricerca di ortaggi e frutti mai provati prima, altri di cercare ingredienti nei negozi di alimentari stranieri per trovare nuove ispirazioni.

Altri ancora sono andati a studiare all’estero per approfondire argomenti che volevano applicare alla miscelazione. Oggi ancor più che nel passato, l’accesso alle informazioni di tutti i tipi (e alla formazione) è molto più semplice che in passato.

Praticamente da qualsiasi luogo del pianeta è possibile rimanere aggiornati.

Uno degli effetti positivi della montagna di informazioni da cui veniamo sotterrati quotidianamente, è che se riesci a scartare la fuffa ed a concentrarti soprattutto sui contenuti di valore, puoi davvero alzare la tua asticella personale e, chissà, magari, riuscire un giorno a diventare un brand.

Se accadrà sarà una piacevole conseguenza positiva, ma se non dovesse succedere ripensa a questa massima di Gary Vee, imprenditore americano, nominato 4 volte autore di best sellers dal New York Times: How you make your money is more important, than how much you make. Se fai quello che ami, hai tutto quello che ti serve per essere felice ogni giorno.

Buona miscelazione,
Pierpaolo

Autore

  • Pierpaolo Maggio

    Amo approfondire le cose. Ho una laurea in Giurisprudenza, una in Scienze dei Beni Culturali ed un Executive in Marketing alla Bocconi di Milano. Sono specializzato nel supportare la crescita di nuovi business: lo chiamano Growth Hacking e lo faccio per Vargros dal 2016. Nel 2020 sono entrato anche nel team di Giovanni Ceccarelli e di Drink Factory.

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