Il kombucha, insieme al kefir di latte, è una delle bevande fermentate più popolari degli ultimi anni. Da semplice tè fermentato, consumato da secoli in Asia, è diventato oggi un simbolo della cultura “healthy” e un ingrediente creativo per bartender e chef.
In questo articolo vedremo cos’è il kombucha, come nasce, come si produce, quali benefici e rischi porta con sé e infine come può essere usato anche nei cocktail e nella miscelazione moderna.
Indice
Cos’è il kombucha
Il kombucha è una bevanda fermentata ottenuta da un infuso di tè zuccherato, trasformato grazie ad uno SCOBY (Symbiotic Culture of Bacteria and Yeast), una coltura viva in cui lieviti e batteri convivono e collaborano.

La fermentazione avviene in più passaggi successivi:
- In una prima fase i lieviti presenti nello SCOBY trasformano parte degli zuccheri in alcol e anidride carbonica;
- Successivamente batteri ossidano l’alcol trasformandolo in acidi organici (come l’acido acetico e gluconico) che abbassano il pH e conferiscono il tipico gusto acidulo;
- Il risultato finale è una bevanda probiotica ricca di sapore, con un equilibrio tra dolcezza, acidità e aromi del tè.
Il profilo organolettico cambia in base a tempo e condizioni di fermentazione: più breve = più dolce e morbido (non tutto lo zucchero viene consumato), più lunga = più acida e secca (più zucchero viene consumato e vengono prodotti più acidi).
Se dopo la fermentazione principale si lascia maturare il kombucha imbottigliato ermeticamente, i lieviti riprendono a produrre CO₂, che rimane intrappolata nel contenitore. In questo modo la bevanda diventa veramente frizzante, con una gassatura naturale simile a quella di uno spumante o di una birra artigianale.
Se si è inesperti bisogna prestare attenzione a fermentare in bottiglia perché la pressione può aumentare parecchio ed è probabile che le bottiglie esplodano.
Breve storia del kombucha
Le origini del kombucha non sono certe. Alcune leggende lo collocano in Cina oltre duemila anni fa, dove sarebbe stato considerato un “elisir di lunga vita”.
In seguito avrebbe raggiunto la Russia e l’Europa dell’Est, diffondendosi come rimedio casalingo.
Quel che è sicuro è che nel corso del Novecento la bevanda ha iniziato a circolare anche in Occidente, fino a diventare oggi un prodotto globale, presente sugli scaffali dei supermercati e sempre più spesso anche nei bar e nei ristoranti.
Perché è diventato così popolare
Il kombucha ha conquistato una grande popolarità per il suo profilo aromatico unico: è frizzante, leggermente acido e allo stesso tempo complesso, con sfumature che cambiano a seconda del tè utilizzato e del tempo di fermentazione.
Molti lo scelgono anche per i benefici che gli vengono attribuiti, come la presenza di probiotici, antiossidanti e acidi organici che, secondo alcuni, potrebbero favorire il benessere dell’organismo, anche se le prove scientifiche sono ancora limitate.
A tutto questo si aggiunge un contesto di mercato favorevole: negli ultimi anni i consumatori cercano sempre più spesso bevande naturali, poco zuccherate e funzionali, e il kombucha si inserisce perfettamente in questo trend globale.
Come si prepara il kombucha: ricetta e procedimento
Per preparare un buon kombucha non servono attrezzature complesse: bastano pochi ingredienti e qualche accortezza. Le proporzioni sono fondamentali, perché da quelle dipendono sia la corretta fermentazione sia il profilo aromatico finale della bevanda.

Ingredienti
Per circa 1 litro di kombucha servono:
- 940 g Acqua non clorata
- 100 g Zucchero bianco
- 5–8 g Tè (nero, verde o un blend)
- 1 SCOBY di Kombucha
- 100 – 200 mL Kombucha già pronto (starter)
💡 SCOBY e Kombucha già pronto possono essere acquistati online, anche su Amazon. Quando vi arriva lo SCOBY arriverà immerso in del Kombucha maturo.
Strumentazione
- Barattolo in vetro da 2 litri
- Canovaccio in tessuto traspirante
- Spago o elastico
- Cucchiacio da cucina
- Bilancia
- Bollitore o pentolino
- Colino a maglie fini
- Bottiglie in vetro o plastica
Procedimento passo passo
01. Preparare l’infuso di tè
- Porta a ebollizione l’acqua, usa acqua di bottiglia o filtrata perché non deve contenere cloro;
- Spegni la fiamma, aggiungi lo zucchero e mescola finché non si scioglie;
- Inserisci il tè e lascialo in infusione per 5–10 minuti (dipende dal tipo di tè);
- Filtra e lascia raffreddare fino a temperatura ambiente.
❗Non inserire mai lo SBOBY o la kombucha matura se il liquido è ancora caldo. Rischi di uccidere la comunità microbica.
02. Inoculo
- Versa l’infuso nel contenitore di fermentazione;
- Aggiungi il liquido starter e lo SCOBY;
- Miscela con un cucchiaio da cucina;
- Copri con un telo traspirante e tieni a temperatura ambiente (24–28 °C).

03. Fermentazione primaria
- Lascia fermentare 7–14 giorni;
- Assaggia: breve fermentazione = più dolce; lunga = più acida;
- Quando ha raggiunto il gusto desiderato preleva un litro di liquido (poi vediamo cosa farci);
👉 Nel barattolo di fermentazione dovrebbero esserti rimasti 100 mL di Kombucha maturo che puoi usare come starter per la fermentazione successiva e lo SCOBY.
Stocca il Kombucha prodotto
Il Kombucha prodotto è pronto per essere consumato. Io solitamente lo imbottiglio e lo metto immediatamente in frigorifero. Assicurati che il frigo sia ad almeno 4°C: in questo modo la fermentazione viene rallentata e il prodotto è sicuro da conservare in bottiglia, evitando che continui a fermentare e produrre anidride carbonica.
Se invece vuoi un kombucha gassato devi far continuare la fermentazione in bottiglia.
Fermentazione secondaria
La fermentazione secondaria serve principalmente a rendere veramente frizzante il Kombucha. Per ottenerla, il liquido non deve essere lasciato fermentare completamente nel recipiente principale.
Uno o due giorni prima del punto di equilibrio desiderato tra acidità e dolcezza devi prelevare il liquido e andarlo ad imbottigliare. In questo modo rimane ancora una quota di zuccheri che i lieviti potranno trasformare in anidride carbonica durante la permanenza in bottiglia.
Il kombucha viene quindi imbottigliato in contenitori a chiusura ermetica, dove i lieviti riprendono la loro attività e producono CO₂. Poiché il gas rimane intrappolato, la bevanda diventa più frizzante e vivace, con una gassatura naturale molto più evidente rispetto a quella sviluppata nella fermentazione nel barattolo.
Una volta raggiunto il livello di gasatura desiderato (1-3 giorni, dipende dalla temperatura), le bottiglie devono essere conservate in frigorifero, così da rallentare l’attività microbica e stabilizzare il prodotto fino al momento del consumo.
⚠️ Nota di sicurezza: durante la fermentazione in bottiglia la pressione interna può aumentare molto. Per evitare rischi di rottura è consigliabile utilizzare bottiglie progettate per la gassatura (vetro spesso o bottiglie da birra) e controllare quotidianamente il livello di pressione, aprendo leggermente i tappi se necessario (operazione chiamata “burping”).
Varianti di kombucha
Il kombucha non è un’unica bevanda, ma può cambiare molto in base agli ingredienti e al modo in cui viene fermentato.
Tè nero, tè verde e blend
Il tè utilizzato è la base che definisce il profilo aromatico. Il kombucha preparato con tè nero tende ad avere un gusto più intenso, tannico e corposo. Quello a base di tè verde risulta invece più fresco e delicato, con un’acidità più morbida e profumi erbacei.
Se vuoi puoi sperimentare usando un blend di tè diversi per bilanciare corpo e freschezza, ottenendo un kombucha più armonico e versatile. Nessuno ti vieta di aggiungere altre spezie al tuo tè.
Aromatizzazioni creative
Dopo la fermentazione primaria, il kombucha può essere arricchito con frutta, erbe o spezie. Da qui nascono varianti molto diverse tra loro: dalle versioni leggere con agrumi o zenzero, fino a kombucha complessi con infusi di erbe aromatiche o spezie dal sapore caldo.
Hard kombucha
Negli ultimi anni si è diffusa anche una versione più alcolica, chiamata hard kombucha. In questo caso la fermentazione viene prolungata o indirizzata in modo da favorire la produzione di etanolo, che può arrivare fino al 3–7% vol. Si tratta di una bevanda che si colloca a metà strada tra il kombucha tradizionale e la birra artigianale, pensata per un consumo adulto e spesso proposta in lattina o alla spina.

Rischi e sicurezza alimentare
Il kombucha è una bevanda facile da fare e i rischi sono veramente molto limitati.
Il primo parametro da controllare è il pH, che deve scendere rapidamente sotto 4.2: questo valore garantisce un ambiente sufficientemente acido da impedire la crescita di microrganismi patogeni. L’inoculo di kombucha maturo serve ad abbassare velocemente il pH. A casa si può anche evitare di misurarlo, al bar o al ristorante va invece controllato e inserito nel protocollo HACCP.
Un’altra precauzione riguarda i contenitori. È importante usare materiali sicuri come vetro spesso o acciaio inox adatti al contatto alimentare.
Anche la fermentazione in bottiglia richiede attenzione. La produzione di anidride carbonica può aumentare molto la pressione interna: se le bottiglie non sono adatte o non vengono controllate, c’è il rischio che si rompano. Per ridurre la possibilità di incidenti si possono usare bottiglie resistenti e verificare periodicamente la pressione, aprendo leggermente i tappi quando necessario.
In sintesi, i punti chiave per la sicurezza sono:
- pH sempre sotto 4.2;
- Uso di contenitori sicuri e non porosi;
- Gestione della pressione in bottiglia;
- Consumo moderato e consapevole (soprattutto all’inizio).
Problemi comuni e soluzioni
Chi prepara il kombucha per la prima volta si trova spesso davanti a piccoli imprevisti. Molti di questi sono normali e facili da correggere, basta conoscere le cause principali.
Uno degli inconvenienti più frequenti è quando il kombucha diventa troppo acido. In questo caso la fermentazione è andata avanti troppo a lungo o a una temperatura troppo alta. Per evitarlo conviene assaggiare periodicamente e, se necessario, interrompere la fermentazione uno o due giorni prima del punto desiderato.
All’opposto, può capitare che la bevanda resti troppo dolce. Significa che i lieviti e i batteri non hanno avuto abbastanza tempo per trasformare gli zuccheri. La soluzione è semplice: lasciare fermentare qualche giorno in più, continuando ad assaggiare.
Un altro problema comune è la scarsa frizzantezza. Nella fermentazione primaria l’anidride carbonica prodotta dai lieviti si disperde nell’aria perché il contenitore non è sigillato. Per ottenere una gasatura naturale più marcata bisogna fare una seconda fermentazione in bottiglia, con chiusura ermetica, lasciando che i lieviti riprendano a produrre CO₂ che rimane intrappolata.
Il rischio più serio è la comparsa di muffe sulla superficie del kombucha. Si riconoscono facilmente perché hanno un aspetto peloso o sviluppano colori insoliti come verde, blu o nero. Non vanno confuse con lo SCOBY o con i normali depositi, che invece sono lisci e gelatinosi. La presenza di muffa è sempre segno di contaminazione: in questi casi non ci sono soluzioni, il kombucha va eliminato insieme allo SCOBY e bisogna ripartire con una coltura nuova, avendo cura di sanificare bene tutta l’attrezzatura.
Attenzione però a non scambiare altre formazioni innocue per muffa. Ad esempio, una mia amica che aveva appena iniziato a fare kombucha si era allarmata per la comparsa di piccoli pallini neri nel liquido, convinta si trattasse di muffe. In realtà erano solo minuscoli residui di foglie di tè sfuggiti al filtraggio. Per questo motivo è importante distinguere tra vere muffe — sempre da eliminare — e semplici sedimenti o residui che non compromettono la bevanda.
Infine, può succedere che il kombucha abbia un odore o sapore sgradevole, diverso dal solito profilo acidulo e fresco. Spesso dipende da un’infestazione microbica indesiderata o da condizioni igieniche non ottimali: è meglio non consumarlo e ricominciare da capo.
💡 In sintesi:
- Troppo acido → interrompere la fermentazione prima o abbassare la temperatura.
- Troppo dolce → prolungare i tempi di fermentazione.
- Poca effervescenza → fare fermentazione secondaria in bottiglia.
- Muffe → scartare tutto e ricominciare.
- Odore o gusto anomalo → probabile contaminazione, da non consumare.

Kombucha al bar: nota per bartender 🍸
Il kombucha non è solo una bevanda salutista: al bar diventa un ingrediente sorprendentemente versatile. La sua acidità naturale, la frizzantezza e il profilo aromatico complesso lo rendono un mixer innovativo, capace di funzionare tanto nei cocktail alcolici quanto nei mocktail.
In miscelazione, un kombucha ben gasato può sostituire una soda agrumata, offrendo lo stesso equilibrio dolce-acido ma con una profondità aromatica diversa. Se invece la fermentazione sviluppa note più spiccatamente acetiche, il kombucha può entrare in preparazioni come cordial, sherbet e shrub, oppure — con le dovute attenzioni — diventare la parte sour di un drink.
Il suo impiego è particolarmente interessante nei cocktail low e no alcol: spesso queste proposte risultano semplici e poco strutturate, mentre il kombucha aggiunge complessità e vivacità, rendendo l’esperienza molto più appagante.
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Domande frequenti sul Kombucha (FAQ)
Il kombucha è alcolico?
Durante la fermentazione i lieviti producono piccole quantità di alcol. Nella maggior parte dei casi il livello rimane sotto lo 0,5% vol, e per legge viene considerato analcolico. Tuttavia, se la fermentazione è lunga o condotta ad alte temperature, il grado alcolico può salire: per questo è bene controllare e non dare per scontato che sia sempre “zero alcol”.
Quanto dura il kombucha home made?
Conservato in frigorifero, anche un paio di settimane. Col passare del tempo continua lentamente a fermentare: diventa più acido, meno dolce e può sviluppare ulteriore gassatura. Ricorda però che per di stoccare fermentati a lungo è sempre bene monitorare il pH.
Che tè è meglio usare?
I più comuni sono tè nero e tè verde. Il nero regala corpo e note tanniche, il verde un profilo più fresco e delicato. Alcuni scelgono un blend dei due per bilanciare gusto e struttura.
Perché il mio kombucha non è frizzante?
La fermentazione primaria è “aperta” e lascia sfuggire la CO₂ prodotta. Se vuoi un kombucha gassato, serve la fermentazione secondaria in bottiglia: chiusura ermetica e un paio di giorni a temperatura ambiente permettono di sviluppare la frizzantezza naturale.
Cosa succede se compaiono muffe?
Se sulla superficie appaiono macchie pelose o colorate (verde, blu, nero), non è più sicuro consumare il kombucha. Non va confuso con lo SCOBY, che è liscio e gelatinoso, o con piccoli residui di tè che possono sembrare puntini scuri. In presenza di muffe bisogna scartare sia la bevanda sia lo SCOBY e ripartire da zero, sanificando l’attrezzatura.
Serve pastorizzarlo?
Non necessariamente. La pastorizzazione prolunga la durata di conservazione e stabilizza il prodotto, ma elimina i microrganismi vivi che per molti sono parte del fascino del kombucha. In ambito casalingo o al bar si preferisce di solito mantenerlo “vivo”, consumandolo fresco e refrigerato.
Posso usare il kombucha nei cocktail?
Sì, e il suo utilizzo è sempre più diffuso. Un kombucha frizzante può sostituire una soda agrumata, mentre uno più acido si presta a cordial, sherbet e shrub. Nei mocktail aggiunge corpo e complessità, rendendo le proposte analcoliche più interessanti e complete.

Conclusione
Il kombucha è una bevanda fermentata antica che oggi vive una nuova stagione di popolarità. Prepararlo non è complicato, ma richiede attenzione ai parametri di sicurezza e un po’ di pratica per trovare l’equilibrio ideale tra dolcezza, acidità ed effervescenza.
È proprio questa combinazione a renderlo interessante non solo per chi lo consuma in casa come alternativa alle bibite industriali, ma anche per chef e bartender che cercano ingredienti capaci di dare nuova profondità ai loro piatti e cocktail.
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Buona Miscelazione,
Giovanni
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