Il ghiaccio è l’ingrediente più importante nei drink. Ma probabilmente non per i motivi che pensate.
Da quando ho iniziato a lavorare come bartender, nel 2006, mi sono subito scontrato con un sacco di clienti che mi chiedevano drink con poco ghiaccio; la frase tipica era: ”vorrei uno spritz, ma con tre cubetti”. Inizialmente sentivo offesa la mia professionalità perché il barista ero io e, forte della mia formazione, sapevo bene cosa stessi facendo. Avrei gradito che i miei clienti non mi dicessero come fare il mio lavoro perché io non mi sarei mai permesso, per esempio, di spiegare al meccanico come cambiare la frizione alla vespa (Sì, ho una vespa, del 1980. Gialla).
Il cliente medio pensa che il barista metta molto ghiaccio per risparmiare, mentre il barista pensa che mettere molto ghiaccio faccia annacquare meno il drink.
La verità è che sono in torto sia il cliente, sia il barista. Cerchiamo di capire perché.
E’ legittimo che il cliente chieda meno ghiaccio (se non lo gradisce), ma è in errore se pensa che il barista ne metta così tanto per risparmiare sui prodotti. Infatti, il fattore che influisce di più sul prezzo di vendita del drink, nella maggior parte dei casi, è il costo legato alla quantità di prodotti utilizzati. Anche mettendo meno ghiaccio, la quantità di ingredienti da utilizzare, deve rimanere invariata perché i bar sono delle aziende e devono mantenere un certo margine di profitto su ciò che vendono, per poter pagare affitto, utenze, personale e generale utili per i soci.
Dal punto di vista della diluizione il discorso è un po’ più complesso.
Cominciamo affermando che non è vero, in generale, che mettendo meno ghiaccio il drink si diluisce di più.
Per capire che cosa accade all’interno di un drink con ghiaccio, dobbiamo tirare in ballo una branca della fisica, chiamata termodinamica, che descrive tutti quei processi che coinvolgono la trasformazione di massa ed energia.
Nel nostro caso l’oggetto di studio è il calore (energia), che tende a spostarsi da zone a temperatura maggiore verso zone a temperatura minore. Questa differenza di temperatura prende il nome di gradiente termico. Se il gradiente termico è uguale a zero, ovvero non c’è differenza di temperatura, non c’è trasferimento di calore. Come capiremo in seguito, questo principio ha grande importanza per limitare la diluizione.
Intuitivamente saremmo portati a pensare che il ghiaccio raffredda perché è freddo, ma la questione è più complicata di così.
Un cubetto di ghiaccio appena prodotto ha una temperatura di circa -19°C. Da subito inizia a scaldarsi ed in poco tempo raggiunge la temperatura di 0°C. Da -19 a 0 °C il ghiaccio non si scioglie, ma assorbe calore solo per variare la sua temperatura. La quantità di calore assorbita per aumentare la sua temperatura è detta calore specifico. Questa quantità di calore viene sottratta (quindi raffreddando) da ciò che si trova vicino al ghiaccio.
Raggiunti gli 0°C il ghiaccio inizia a sciogliersi, si verifica cioè un passaggio di stato. Da questo momento in poi, il ghiaccio non aumenterà più la sua temperatura, ma rimarrà a 0°C finché non si sarà completamente sciolto. Tutto il calore che il ghiaccio assorbe verrà utilizzato per sciogliersi! La quantità di energia assorbita per far avvenire questo passaggio di stato è detta calore latente di fusione.
Ora che avete capito i due motivi per i quali il ghiaccio assorbe calore da ciò che lo circonda, torniamo con i piedi dietro la pedana del bar.
La maggior parte del ghiaccio che utilizziamo nei drink non è stato appena prodotto, ma rimane nel bin di stoccaggio o nella vasca della station, il tempo sufficiente a raggiungere gli 0°C, cioè la temperatura a cui avviene il passaggio di stato; d’ora in poi, non assorbirà calore per scaldarsi ma per sciogliersi. Quindi il ghiaccio che utilizziamo nei drink raffredda perché si scioglie.
Non esiste raffreddamento senza diluizione.
Questo ci fa intuire che la quantità di ghiaccio non influisce sulla diluizione, ed il motivo è molto semplice: se per portare il drink a -2°C dovete cedere al ghiaccio una certa quantità di calore, a questa quantità di calore non interessa essere ceduta a 5 o 10 cubetti perché comunque andrà a sciogliere la stessa quantità di ghiaccio. Singolarmente i 5 cubetti si scioglieranno di più mentre i dieci cubetti si scioglieranno meno, ma la quantità totale disciolta sarà uguale. Detto con più rigore: a parità di temperatura raggiunta dal drink, la quantità di calore assorbita dal ghiaccio, che avrà raffreddato il drink, avrà generato una diluizione identica sia che abbiate 5 o 10 cubetti (edit: stiamo ragionando con pareti del bicchiere adiabatiche, ovvero isolanti).
Ciò che cambia è il tempo necessario a raffreddare: tanto ghiaccio raffredda (e diluisce) più velocemente.
Se invece utilizzate ghiaccio appena prodotto, o appena tolto dal congelatore, dovete considerare anche la quota di calore utilizzata per variare la sua temperatura (calore specifico), che avverrà senza diluizione. In questo caso, una maggiore quantità di ghiaccio raffredda di più e diluisce meno.
Premesso che la diluizione in molti drink è necessaria, ciò che è possibile fare per limitarla, a parità di temperatura del drink finale, è utilizzare liquidi già freddi: sode e succhi, distillati o liquori (se possibile). La stessa cosa vale per i bicchieri. In questo modo il gradiente termico sarà inferiore e ci sarà meno trasferimento di calore (se non ricordi cosa sia, leggi all’inizio dell’articolo).
Concludo dicendo che nei drink è sempre bene mettere molto ghiaccio (riempire il bicchiere) per i seguenti motivi: garantisce uniformità e maggiore velocità di raffreddamento, permette di mantenere le proporzioni in quei drink dove ci sono ingredienti ”a completare”, permette di mantenere il drink freddo più a lungo (ma con maggiore diluizione) e, come dice Federico (Mastellari ndr), i drink con poco ghiaccio ”sono proprio brutti da vedere e sembrano già bevuti”.
Il discorso ghiaccio non è terminato. Leggi il mio articolo ‘Ghiaccio nei drink: tempo, temperatura e diluizione‘. Scoprirai che cosa accade quando si mette poco o molto ghiaccio!
Buona miscelazione,
Giovanni
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