Il ritorno del bar di quartiere: moda o necessità?

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Un bar dallo stile industriale con pareti in cemento grezzo e un’illuminazione calda. Un grande menu nero con scritte bianche elenca le bevande disponibili, come caffè, tè e cioccolata calda. Due biciclette vintage, una blu e una verde, sono appoggiate contro il bancone. Sullo sfondo, una scaffalatura espone tazze, caffè in vendita e alcuni articoli di merchandising. L’atmosfera è accogliente e moderna, con un mix di elementi minimalisti e dettagli retrò

Negli ultimi anni, stiamo assistendo a un fenomeno interessante nel mondo dell’hospitality: il ritorno in auge del bar di quartiere

Dopo un lungo periodo in cui i format grandi, iper-concettuali e dal design minimalista sembravano dominare la scena, oggi sempre più clienti preferiscono locali più piccoli, dall’atmosfera familiare e autentica. 

Ma si tratta solo di una moda passeggera o di un cambiamento strutturale nelle abitudini di consumo?

Alcuni dati sembrano suggerire che il trend sia destinato a durare. Secondo un report della National Restaurant Association, nel 2023 il 62% dei clienti ha dichiarato di preferire esperienze più personalizzate e locali che offrano un senso di comunità, rispetto ai grandi format anonimi. 

Un altro studio, condotto da NielsenIQ, ha evidenziato come la ricerca di autenticità sia diventata un criterio determinante nella scelta di un locale per il 70% dei consumatori.

Ma perché sta accadendo tutto questo? 

Da un lato, la pandemia ha giocato un ruolo chiave: durante i lockdown, i bar di quartiere sono diventati un punto di riferimento per le comunità locali, creando un legame più stretto con i clienti abituali. 

Dall’altro, c’è un desiderio sempre più forte di esperienze più “umane” e meno standardizzate, in risposta alla crescente digitalizzazione della vita quotidiana.

Questa tendenza sta cambiando anche il modo in cui i bar vengono progettati e gestiti. Più attenzione alla relazione con il cliente, una proposta di drink meno impersonale e una comunicazione che punta più sulla narrazione del locale che sulle mode del momento. 

In altre parole, il bar di quartiere non è solo un posto dove bere un buon cocktail, ma un luogo di socialità e appartenenza.

Il successo di questo modello è destinato a crescere? Nei prossimi paragrafi analizzeremo come stanno cambiando i consumi nei bar e quali fattori, tra cui la recente riforma del codice della strada, stanno influenzando il settore. 

Come sono cambiati i consumi nei cocktail bar negli ultimi anni

Negli ultimi anni, il mondo dei cocktail bar ha subito una trasformazione profonda, influenzata da fattori economici, sociali e culturali.

Se fino a qualche tempo fa la tendenza era quella di cercare il locale più alla moda, magari con drink elaborati e scenografici, oggi i consumatori sembrano prediligere esperienze più rilassate, autentiche e orientate alla qualità piuttosto che all’effetto wow.

Uno degli indicatori più chiari di questo cambiamento è il calo del consumo di superalcolici nei contesti tradizionali. Secondo i dati pubblicati da IWSR Drinks Market Analysis, il consumo di alcol nei bar e nei ristoranti ha registrato un calo dell’8% a livello globale dal 2019 al 2023, mentre la vendita di prodotti low-ABV (basso contenuto alcolico) e analcolici è in forte crescita. 

Questo riflette un cambiamento nelle abitudini di consumo: i clienti vogliono bere meno, ma meglio.

Un altro trend importante è la crescente attenzione alla qualità e all’artigianalità. Ecco perché Il Master Home Made Pro non invecchia mai : )

I clienti sono sempre più interessati a cocktail preparati con ingredienti freschi, locali e, quando possibile, sostenibili. 

Questo ha portato a un boom di locali che puntano su drink semplici ma ben eseguiti, spesso con storie legate al territorio o agli ingredienti utilizzati.

Ma non si tratta solo di cosa si beve, bensì anche di come si vive l’esperienza al bar. 

Con l’aumento dello smart working e della flessibilità lavorativa, gli orari di consumo si stanno spostando: l’aperitivo inizia prima, la sera si esce meno tardi e cresce il numero di persone che scelgono di bere un cocktail in un ambiente più tranquillo piuttosto che in un locale affollato. 

In questo contesto, il bar di quartiere, con la sua atmosfera accogliente e rilassata, diventa la scelta ideale per molti consumatori.

Nei prossimi paragrafi vedremo come questo fenomeno sia strettamente legato alla ricerca di esperienze più umane e al senso di comunità, ma anche come la recente riforma del codice della strada stia influenzando il consumo di alcol nei locali. 

L’effetto “comunità”: perché i clienti cercano luoghi più piccoli e familiari

Uno dei fattori chiave dietro il ritorno dei bar di quartiere è la crescente ricerca di un senso di appartenenza. In un’epoca in cui gran parte delle interazioni sociali avviene online, i consumatori sentono sempre più il bisogno di spazi fisici dove poter vivere esperienze autentiche, rilassarsi e connettersi con le persone in modo genuino.

Secondo una ricerca pubblicata da Forbes, il 74% dei clienti afferma di preferire locali che offrano un’atmosfera accogliente e personalizzata, piuttosto che grandi catene o bar ultra-moderni dove il servizio è standardizzato. 

Questo dato si riflette anche nel successo di quei locali che investono nel rapporto con la clientela, trasformando il bartender non solo in un professionista del drink, ma anche in un vero e proprio punto di riferimento per il quartiere.

Il bar di quartiere diventa quindi un’estensione della vita sociale del cliente, un luogo dove essere riconosciuti, chiamati per nome e consigliati sulla base dei propri gusti. 

Questa dinamica si traduce in un maggiore tasso di fidelizzazione, con clienti che tornano più spesso e trascorrono più tempo nel locale. Inoltre, i bar più piccoli hanno il vantaggio di poter sperimentare offerte più personalizzate, creando cocktail su misura o eventi pensati per il pubblico abituale.

Un altro aspetto interessante è il ritorno del concetto di “hospitality di prossimità”: locali che non puntano su grandi campagne di marketing o influencer famosi, ma che si promuovono attraverso il passaparola e il rapporto diretto con la comunità locale. 

Questo tipo di approccio sta diventando sempre più efficace, soprattutto in un periodo in cui i consumatori tendono a fidarsi di più delle opinioni di amici e conoscenti che delle pubblicità tradizionali.

La nuova riforma del codice della strada e le conseguenze sui consumi al bar

La recente riforma del Codice della Strada, approvata nel 2024, sta già avendo un impatto significativo sulle abitudini di consumo nei bar, in particolare per quanto riguarda il consumo di alcolici. 

Tra le misure più discusse ci sono l’inasprimento delle sanzioni per chi guida in stato di ebbrezza e l’introduzione di nuove restrizioni per i neopatentati e i conducenti professionali.

Tra le principali novità troviamo:

  • Tolleranza zero per i neopatentati e i conducenti professionali: chi ha la patente da meno di tre anni e chi guida mezzi pubblici o pesanti non può assumere neanche una minima quantità di alcol prima di mettersi alla guida.
  • Revoca della patente in caso di recidiva: chi viene fermato più volte in stato di ebbrezza rischia non solo sanzioni economiche più pesanti, ma anche la sospensione definitiva della patente.
  • Alcolock obbligatorio: per chi viene sorpreso alla guida in stato di ebbrezza, l’installazione dell’alcolock (un dispositivo che impedisce l’accensione del veicolo se il conducente ha un tasso alcolemico superiore a zero) diventerà obbligatoria.

Queste misure hanno sollevato molte discussioni tra i gestori di locali e gli operatori del settore, che temono un calo del consumo di alcol, soprattutto nei bar e nei locali notturni. Secondo una prima analisi di FIPE-Confcommercio, l’inasprimento delle regole potrebbe ridurre del 15-20% il consumo serale di cocktail e alcolici nei locali.

Come cambiano i consumi?

Di fronte a queste nuove restrizioni, si stanno già osservando alcune tendenze:

  • Più mocktail e drink low-ABV: il boom dei cocktail analcolici e a bassa gradazione alcolica sta accelerando. Sempre più locali stanno ampliando la loro offerta di drink alternativi per intercettare una clientela attenta alle nuove normative.
  • Aumento del consumo nei bar di quartiere: se guidare dopo aver bevuto diventa un problema, molte persone preferiscono frequentare bar vicino casa, raggiungibili a piedi o con i mezzi pubblici. Questo potrebbe favorire proprio i piccoli locali di zona, a discapito dei grandi cocktail bar situati in aree più periferiche o difficili da raggiungere senza auto.
  • Nuove strategie di fidelizzazione: alcuni locali stanno rispondendo alla riforma incentivando l’uso di taxi e car-sharing. Ad esempio, in alcune città si stanno diffondendo convenzioni tra bar e servizi di mobilità, offrendo sconti su corse in taxi o Uber per chi consuma nei locali aderenti.

Dai cocktail ai mocktail: l’adattamento dei locali alle nuove abitudini

Con le nuove restrizioni sulla guida in stato di ebbrezza, molti consumatori stanno rivedendo il loro rapporto con l’alcol, e i bar stanno rispondendo ampliando la loro offerta di mocktail (cocktail analcolici) e drink a basso contenuto alcolico (low-ABV). Questa non è solo una necessità legata alle nuove normative, ma anche un’opportunità per intercettare un pubblico più ampio e diversificato.

Il mercato dei drink analcolici e low-ABV è in forte espansione. Secondo IWSR Drinks Market Analysis, il settore delle bevande analcoliche crescerà del +7% annuo fino al 2026, con un aumento significativo della domanda nei bar e nei ristoranti. Inoltre, un report di NielsenIQ evidenzia che il 41% dei consumatori tra i 18 e i 34 anni sceglie regolarmente drink con poco o zero alcol, spinto da motivazioni legate al benessere e a uno stile di vita più sano.

Questa evoluzione gioca a favore proprio dei bar di quartiere, che possono offrire un’esperienza più personalizzata e fidelizzare meglio i clienti abituali. Rispetto ai grandi cocktail bar, spesso legati a una proposta più alcolica e strutturata, i locali di zona hanno la flessibilità per sperimentare e adattarsi rapidamente alle nuove richieste del mercato.

Il futuro dei cocktail bar potrebbe quindi essere meno alcolico, ma non per questo meno interessante. Nei prossimi paragrafi vedremo come i social media stanno influenzando la comunicazione dei bar di quartiere e quali strategie stanno adottando per emergere in un mercato sempre più competitivo.

Social media e bar di quartiere: la comunicazione cambia le regole del gioco

Se un tempo il successo di un bar dipendeva quasi esclusivamente dal passaparola e dalla posizione strategica, oggi la comunicazione digitale gioca un ruolo sempre più centrale, anche per i piccoli locali di quartiere. Instagram, TikTok e Facebook sono diventati strumenti essenziali per fidelizzare i clienti abituali e attrarne di nuovi, trasformando anche il più tradizionale dei bar in un punto di riferimento locale.

Negli ultimi anni, il modo in cui i consumatori scoprono nuovi locali è cambiato radicalmente. Secondo uno studio di Meta (Facebook e Instagram), il 55% delle persone sceglie un ristorante o un bar dopo aver visto foto o video sui social, mentre il 35% afferma di essere stato influenzato da contenuti pubblicati da amici o influencer locali.

I bar di quartiere, pur non avendo il budget pubblicitario dei grandi cocktail bar o delle catene, possono sfruttare i social media per rafforzare la propria identità e creare una community fedele. Alcune delle strategie più efficaci includono:

  • Post autentici e storytelling: i clienti vogliono conoscere la storia del locale, del bartender e dei drink. Raccontare le scelte dietro ai cocktail, mostrare il dietro le quinte e coinvolgere il pubblico con contenuti spontanei crea un forte legame emotivo.
  • User-generated content: incentivare i clienti a condividere le loro esperienze al bar attraverso foto e video è un modo efficace (e gratuito) per aumentare la visibilità del locale. Offrire piccole ricompense, come un assaggio di un nuovo cocktail, può essere un ottimo incentivo.
  • Video brevi e coinvolgenti: su TikTok e Instagram Reels funzionano particolarmente bene contenuti dinamici, come la preparazione di un cocktail, consigli di mixology o momenti di vita quotidiana nel bar. Questo tipo di contenuti, se ben realizzati, ha un alto potenziale di viralità.

Un aspetto spesso sottovalutato dai piccoli bar è l’importanza della geolocalizzazione nei social media.

Taggare la posizione nei post e nelle storie di Instagram, creare un profilo su Google My Business con foto e recensioni aggiornate e incoraggiare i clienti a lasciare feedback aiuta enormemente a farsi trovare dalle persone della zona.

I social media, quindi, non sono solo una vetrina, ma uno strumento per creare una comunità attorno al bar e trasformare un semplice locale in un punto di riferimento per il quartiere. 

In conclusione, a nostro avviso, il ritorno del bar di quartiere non è solo una moda passeggera, ma una risposta concreta ai nuovi bisogni dei consumatori: autenticità, senso di comunità e un’offerta più personalizzata. 

Tuttavia, per i bar indipendenti, sopravvivere e crescere in un mercato sempre più competitivo richiede strategie mirate e una visione chiara del proprio posizionamento.

Il bar di quartiere, per rimanere competitivo, deve evolversi senza perdere la sua essenza. La crescente attenzione ai cocktail analcolici e low-ABV, l’uso intelligente dei social media e una gestione più sostenibile del locale (riduzione degli sprechi, utilizzo di ingredienti locali) sono tutte leve che possono garantire un successo duraturo.

In un’epoca in cui la clientela cerca sempre più esperienze autentiche e locali, i bar di quartiere hanno un’enorme opportunità: quella di trasformarsi in punti di riferimento per la comunità, luoghi dove le persone non vanno solo a bere, ma a sentirsi parte di qualcosa.

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Buona evoluzione! 
Pier

Autore

  • Pierpaolo Maggio

    Amo approfondire le cose. Ho una laurea in Giurisprudenza, una in Scienze dei Beni Culturali ed un Executive in Marketing alla Bocconi di Milano. Sono specializzato nel supportare la crescita di nuovi business: lo chiamano Growth Hacking e lo faccio per Vargros dal 2016. Nel 2020 sono entrato anche nel team di Giovanni Ceccarelli e di Drink Factory.