Il caso del Toast tagliato in due a pagamento. Chi ha ragione?

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Tramezzino tagliato a metà in un contenitore su un tavolo

È stato uno dei tanti agghiaccianti tormentoni estivi, ma sempre meglio delle canzoni di Annalisa, sparate a qualsiasi ora del giorno e della notte, in qualsiasi lido della Penisola.

Come sempre accade in questi casi, il tema finito al centro dell’ennesima discussione nazional-popolare è infinitamente idiota, rispetto a tante altre questioni che meriterebbero di essere affrontate con attenzione e che interessano il settore dell’ospitalità.

Tuttavia, dal momento che in quest’ultimo caso, il dibattito non sarebbe polarizzato tra fazioni opposte, l’audience ne risentirebbe, quindi via libera ai dibattiti più sanguinolenti sugli argomenti più assurdi.

Il tema in hype fino a poche settimane fa, era quindi chi avesse ragione tra bar e cliente, riguardo una delicatissima questione di sicurezza nazionale su un toast tagliato in due a pagamento.

Ecco quindi le solite fazioni contrapposte di fronte al toast: da una parte i ristoratori cattivi e dall’altro i clienti buoni.

I primi, dipinti dal 99% dei media, come degli arraffoni senza scrupoli, che rubano dalle tasche degli onesti cittadini, mentre, questi ultimi, rappresentati come dei poveri malcapitati che, dal cuore di Venezia alle rive del Lago di Como, finiscono nelle grinfie dei capitalisti dell’aperitivo, con l’ossessione per il fatturato delle loro attività.

Chi avrà ragione in questa incredibile vicenda di cui ha parlato addirittura la stampa estera?

La risposta è scontata.

Mettendo da parte la mia vena ironica, che mi auguro tu abbia colto, ecco i miei soliti due centesimi su tutto questo.

Partiamo da una verità pressoché incontrovertibile.

Il cliente medio non ha minimamente idea di cosa voglia dire fare ospitalità, soprattutto a livello economico.

Non ha idea di cosa siano le dosi in un drink, non ha idea del costo delle materie prime, non conosce il livello di tassazione di un’impresa in Italia e via dicendo.

In questo scenario, la televisione ai-tempi-di-Masterchef ha contribuito tragicamente a rappresentare il mondo dell’ospitalità, come un luogo incantato fatto solo di piatti gourmet, ingredienti a km 0, torte appena sfornate e brigate di ex-impiegati in cerca di riscatto.

Al netto di questa narrazione fiabesca, la realtà è fatta (anche) di clienti che si siedono in otto al tavolo, ma ordinano in cinque e solo tre bottiglie d’acqua e due caffè; clienti che si siedono e ordinano bibite mentre mangiano i panini portati da casa; clienti che ordinano una margherita diviso tre…potrei proseguire per ore.

Potremmo scrivere un libro di questi aneddoti, vero?

Lo sai meglio di me.

Venendo al dunque, quello che mi viene da pensare è se veramente un “avvenimento” del genere meriti di essere dibattuto, anche soltanto sotto l’ombrellone tra un bagno ed un morso alla piada al crudo, oppure se il livello della discussione non sia arrivato ad un punto di idiozia tale, da essere meglio non prenderne parte.

A mio avviso, in tutta questa vicenda, gli unici che hanno ragione – se così si può chiamare – sono quelli che da un argomento del genere ne hanno tratto profitto, in termini di traffico sui loro portali, grazie a click e commenti indignati dei vari coniglietta75 o zorro69 in stile “Kuesti ladri devono fallire tuttiiiiiiiii!!!!!!”.

Allora, ti chiedo.

Non ci meritiamo di meglio?

Perlomeno di non essere più trascinati in discussioni così sterili ed inutili, che hanno il solo fine di tenerci tutti distratti e lontani dai temi che meritano davvero di essere affrontati.

 Ah, comunque io il prezzo del toast l’avrei alzato in partenza…

Buona polemica!
Pier

Autore

  • Pierpaolo Maggio

    Amo approfondire le cose. Ho una laurea in Giurisprudenza, una in Scienze dei Beni Culturali ed un Executive in Marketing alla Bocconi di Milano. Sono specializzato nel supportare la crescita di nuovi business: lo chiamano Growth Hacking e lo faccio per Vargros dal 2016. Nel 2020 sono entrato anche nel team di Giovanni Ceccarelli e di Drink Factory.

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