Negli ultimi anni, uno dei temi più caldi tra i proprietari di bar e locali in Italia è la difficoltà crescente nel reperire personale qualificato, affidabile e motivato.
Quello che un tempo era considerato un settore ricco di opportunità per i giovani, oggi appare in crisi sul fronte occupazionale. Le bacheche online sono piene di annunci di lavoro andati deserti, le segnalazioni nei gruppi social professionali si moltiplicano e le testimonianze dei titolari si assomigliano tutte: “non si trovano più ragazzi con voglia di lavorare”, “nessuno accetta turni serali o festivi”, “pretendono troppo alla prima esperienza”.
Ma è davvero solo colpa delle nuove generazioni? Oppure dovremmo iniziare a guardare con più onestà anche all’interno del nostro settore, alle condizioni offerte, alla cultura del lavoro, al modo in cui gestiamo il personale?
In questo articolo proveremo a rispondere a queste domande con dati alla mano, analisi concrete e strategie utili per invertire la tendenza.
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Analisi del Problema
Per comprendere davvero le ragioni per cui oggi è così difficile trovare personale nel mondo del bar, è utile partire dai numeri. Secondo i dati più recenti di FIPE-Confcommercio, il comparto della ristorazione ha registrato una carenza di oltre 200.000 lavoratori in Italia nel 2023. Un dato allarmante, che coinvolge bar, ristoranti, hotel e locali in genere, ma che si fa sentire in maniera particolarmente acuta nei piccoli esercizi di quartiere e nei locali indipendenti, che faticano maggiormente a competere con le grandi catene per stipendi e benefit.
Le cause di questa situazione sono molteplici. Da un lato, c’è il progressivo disinteresse di una parte della forza lavoro per un settore percepito come poco stabile, poco meritocratico e fisicamente logorante. Dall’altro, va riconosciuto che il mondo del bar si porta dietro ancora oggi alcune problematiche strutturali: turni lunghi e irregolari, mancanza di contratti chiari, scarsa formazione iniziale e un generale senso di “usa e getta” nei confronti dei dipendenti.
L’emergenza Covid ha solo accelerato un processo già in atto, spingendo molti professionisti a reinventarsi in altri settori o a privilegiare forme di lavoro più flessibili, meno vincolanti, magari meno redditizie nel breve termine, ma più sostenibili nel lungo periodo.
A tutto questo si aggiunge una crescente disaffezione da parte delle nuove generazioni, che non trovano più nel mestiere del barman quella componente aspirazionale che un tempo lo rendeva attraente. Se in passato il bar rappresentava un luogo di creatività, socialità e riconoscimento, oggi viene spesso percepito come un ambiente stressante, scarsamente tutelato e poco attento al benessere del personale. Questo cambiamento di percezione ha un impatto diretto sulla disponibilità a candidarsi e, soprattutto, sulla volontà di restare nel settore.
Errori Comuni nella Gestione del Personale
Se la carenza di candidati è un sintomo diffuso, è anche vero che spesso le difficoltà nel trovare (e mantenere) personale qualificato derivano da errori interni alla gestione del bar. Uno dei problemi più ricorrenti è la tendenza a considerare il dipendente come una risorsa “usa e getta”, facilmente sostituibile. Questo approccio non solo mina la motivazione del lavoratore, ma crea anche un clima instabile e poco attrattivo, soprattutto per chi cerca un percorso professionale più strutturato. Secondo un’indagine di JobPricing in collaborazione con InfoJobs, più del 60% dei dipendenti nel settore hospitality lascia il lavoro entro i primi dodici mesi, a causa di mancanza di prospettive di crescita e cattiva organizzazione interna.
Un altro errore frequente è quello di non investire nella formazione. Spesso si dà per scontato che chi arriva al bancone sappia già come muoversi, ma questo atteggiamento può essere controproducente. Non solo perché scoraggia i profili junior che avrebbero bisogno di un affiancamento adeguato, ma anche perché impedisce ai professionisti di evolvere e aggiornarsi, specialmente in un contesto come quello della mixology, in continua trasformazione.
La stessa FIPE segnala come la carenza di percorsi formativi strutturati all’interno dei locali rappresenti uno dei principali ostacoli alla fidelizzazione del personale.
Infine, sottovalutare l’importanza della comunicazione interna è un errore che molti bar pagano caro. In assenza di feedback costruttivo, riunioni operative e momenti di confronto reale, il dipendente si sente isolato e poco valorizzato. Questo porta a demotivazione e, inevitabilmente, a un turn over molto alto, con tutto ciò che comporta in termini di costi e discontinuità del servizio.
Strategie per Attrarre e Mantenere il Personale
Invertire la rotta è possibile, ma richiede un cambio di mentalità e un approccio più strategico alla gestione delle risorse umane. Una delle prime leve da considerare è la retribuzione: offrire stipendi competitivi non significa semplicemente “pagare di più”, ma riconoscere il valore del lavoro svolto e creare un sistema equo che premi l’esperienza, la competenza e la responsabilità. In un’indagine condotta da TheFork nel 2023, è emerso che l’80% dei lavoratori del settore hospitality valuta il trattamento economico come fattore decisivo per accettare o mantenere un impiego. In questo senso, trasparenza e chiarezza sono fondamentali fin dal colloquio.
Ma non è solo una questione di soldi. Sempre più lavoratori cercano contesti in cui possano crescere, acquisire nuove competenze e sentirsi parte di un progetto. Offrire percorsi di formazione interni, affiancamenti con figure senior, opportunità di partecipare a fiere o eventi di settore può fare la differenza.
Anche la flessibilità gioca un ruolo centrale. I turni spezzati, le richieste improvvise e la difficoltà a conciliare vita privata e lavoro sono tra i principali motivi di abbandono.
Organizzare i turni con anticipo, rispettare i giorni di riposo e dimostrare attenzione alle esigenze individuali aumenta la fidelizzazione e migliora il clima lavorativo. Infine, non bisogna sottovalutare l’effetto positivo del riconoscimento: celebrare i successi, ringraziare per l’impegno, condividere i risultati del locale con il team sono pratiche semplici ma potenti per costruire appartenenza e coinvolgimento.
Il Ruolo della Cultura Aziendale
Oltre agli aspetti economici e organizzativi, c’è un fattore spesso trascurato ma decisivo nel determinare l’attrattività di un luogo di lavoro: la cultura aziendale. Non si tratta di qualcosa di astratto, ma di quell’insieme di valori, atteggiamenti e comportamenti che definiscono l’identità di un locale e che influenzano profondamente il modo in cui si lavora al suo interno. Un ambiente in cui regnano rispetto, ascolto e collaborazione è infinitamente più attrattivo – e stabile – di uno dove prevalgono stress, tensioni e autoritarismo.
Molti bar indipendenti, per quanto piccoli, possono costruire una cultura aziendale forte, capace di coinvolgere chi ci lavora e di distinguersi nel mercato del lavoro. Questo significa, per esempio, condividere una visione chiara del progetto imprenditoriale, rendere il personale partecipe delle decisioni strategiche e costruire relazioni basate sulla fiducia reciproca. Secondo Gallup, le aziende con una forte cultura organizzativa registrano livelli di fidelizzazione dei dipendenti superiori del 30% rispetto alla media.
Un altro aspetto cruciale è la leadership. Spesso, chi gestisce un bar lo fa con grande passione per il prodotto, ma senza un’adeguata preparazione nella gestione delle persone. Imparare a guidare un team, motivarlo, ascoltarlo e valorizzarlo è una competenza che si può (e si deve) sviluppare, perché oggi più che mai sono le soft skill a fare la differenza nella costruzione di un gruppo solido. Il personale non cerca solo uno stipendio: cerca riconoscimento, relazioni sane e un luogo in cui potersi esprimere professionalmente.
Conclusione
La difficoltà nel trovare personale per il proprio bar non è solo una questione generazionale o di “voglia di lavorare”, come troppo spesso si sente dire. È un segnale più profondo che riguarda il modo in cui il settore è percepito, strutturato e gestito.
La buona notizia è che ogni titolare ha un margine di azione concreto per cambiare le cose, a partire da una maggiore consapevolezza del proprio ruolo non solo come imprenditore, ma anche come leader e formatore.
Offrire condizioni di lavoro dignitose, investire nella crescita del proprio team, costruire un ambiente umano prima ancora che professionale: sono tutte scelte che richiedono impegno, ma che producono risultati duraturi. Un bar che funziona non è solo quello che fa buoni drink, ma quello che sa creare una squadra affiatata, motivata e orgogliosa di farne parte.
In un mercato sempre più competitivo, dove i clienti cercano esperienze autentiche e coerenti, avere un personale sereno e coinvolto è il vero vantaggio competitivo. Per questo motivo, oggi più che mai, la domanda da porsi non è solo “dove sono finiti i barman?”, ma “cosa può fare il mio locale per meritarsi i migliori?”.
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Pier
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